venerdì 2 settembre 2011

PREMIO DI POESIA LERICIPEA a Marcia Theóphilo




PREMIO DI POESIA LERICIPEA
Anno Cinquantottesimo
Con il patrocinio del Presidente della Repubblica

Il Cinquantottesimo Premio di Poesia LericiPea si svolgerà a Lerici il 25 settembre 2011 a Villa Marigola (Centro Studi della Cassa di Risparmio della Spezia). I vincitori delle varie sezioni sono: Premio LericiPea per l’Opera Poetica: la poetessa brasiliana Marcia Theophilo.

Biografia: 
Marcia Theophilo, la vincitrice del Premio all’Opera Poetica, sezione che ogni anno premia un grande rappresentante della Poesia mondiale, (lo scorso anno Ismail Kadarè, gli anni passati Francois Cheng, Bella Akmadulina, Jasper Svembro, Seamus Heaney, Ives Bonnefoy, Adonis, Ferlinghetti, Juan Gelman, Mario Luzi, Edoardo Sanguineti, Attilio Bertolucci e Giovanni Giudici) nasce a Fortalesa,capitale dello Stato di Cearà, nel nord-est del Brasile.Studia Antropologia a Rio de Janeiro,San Paulo e Roma, dove consegue il dottorato. Nel 1971 viene in Italia come esiliata politica sfuggendo al regime militare che aveva imposto severe leggi sulla censura. Qui in Italia si impegna a mantenere relazioni culturali tra Italia e Brasile rappresentando l’Unione Brasiliana di Scrittori. Nel corso degli anni ha organizzato incontri di poesia,ha tradotto in portoghese poeti italiani e in italiano poeti brasiliani. 
Ha scritto saggi: Ritorno di un poeta assassinato, omaggio a Garcia Lorca (ed. Nuovi sentieri,Roma 1976), Il massacro degli Indios nel Brasile d’oggi (Euno,Enna 1977); 
pièces teatrali: Arapuca (Ed.I manoscritti del Ciclope, Roma 1979), Dica a quelli che è da parte di Dulce, prefato da Dacia Maraini; 
testi didattici: Gli Indios del Brasile (Nuove edizioni romane, Roma 1978); racconti. 
Ma la ricca opera poetica segna gran parte della sua carriera. 
Ricordiamo: Catuete Curupira (ed. La Ninea 1983, Premio Minerva); Il Fiume, l’uccello, le nuvole (Rossi&Spera,1987); Io canto l’Amazzonia (Ed.dell’Elefante,1992, Premio Città di Roma); I bambini Giaguaro (Ed.De Luca,1995,Premio Fregene) prefato da Mario Luzi; Kupahùba (Ed Tallone, 2000) prefato da Mario Luzi. La sua poetica è tutta incentrata sulla natura, sui miti e le leggende della foresta Amazzonica, sui popoli indigeni e sulla denuncia dello scempio che ai suoi danni si compie e all’impegno di salvaguardare il patrimonio naturale dalle aggressioni della civilizzazione. Nel 1997 le viene assegnato il Premio Nuove Scrittrici, premio alla carriera. Nel 1999 il Premio Calliope per la poesia inedita ed è candidata al Premio Nobel. Vive tra Roma e il Brasile. La Giuria del Premio, formata da: MassimoBacigalupo, Giuseppe Conte, Marina Giaveri, Stefano Verdino, Valentino Zeichen con tale riconoscimento sottolinea come “la frontalità di una poesia di accesi colori e suoni, l’impasto di dimensione cosmica e primigenia con l’allarme di un oggi post-umano siano i punti qualificanti della ricca esperienza di poesia in portoghese e italiano di Marcia Theóphilo.”

A questo suo canto in difesa della voce della foresta che fa respirare il mondo e che da tempo costituisce una realtà di poesia unica e ben meritevole di attenzione, viene riconosciuto tale importante premio di poesia proprio nell’anno dichiarato dall’ONU Anno Internazionale delle Foreste, in continuum con il 2010, a sua volta dedicato alla biodiversità. E ciò al fine di stimolare sempre più le coscienze di cittadini e dei governi sull’importanza della salvaguardia dell'ambiente a livello planetario, per garantire il futuro nostro e della Terra e porre un freno all’inesorabile deforestazione del pianeta.

* * *

Prefazione di Dario Bellezza 
alle poesie di Márcia Theóphilo 
nell'antologia Poesie di amore. In segreto e in passione (con il titolo Come sono le tue carezze
ed. G.T.E. Newton, a cura di Francesca Pansa

«L'ispirazione mai mi stanca
quando si agita una canzone
si rinnovano le acque del fiume
scoppiano mille tempeste
gli,urli si moltiplicano»

Questi limpidi e intensi versi aprono una strada per parlare della poesia di Márcia Theóphilo; poesia che si dibatte tra titanismo degli eventi e difficoltà dell'esistere. Tutto questo è maggiormente amplificato in un paese magico e tragico come il Brasile. Come prima costatazione c'e da rilevare il rapporto cosmoganico esistenziale che Márcia Theóphilo ha instaurato con la vita, la storia, il destino dell'uomo, disperso su questo minuscolo punto dell'universo chiamato: terra.

"Io sono vivo e voglio che lo sappiano
l'umido della pioggia, il calore e la frescura del vento».

Come a dire che l'uomo e la sua prosopopea di grande artefice di storia e di destino, altro non è che una molecola, un insignificante segno del nulla, appena un'orma e la poesia è una delle poche strade ancora percorribili per aiutare l'uomo e dunque la terra a non perdersi definitivamente. Márcia Theóphilo possiede una strepitosa capacità di organizzare la pagina. Le parole possono (passare) con enorme semplicità ed eleganza dal privato al pubblico, dallo storico al quotidiano, dal mitico alla microstoria, dal sogno al reale.

«Albero io conosco la tua vita,
i tuoi fruscii, la voce dei tuoi rami,
e tu cerchi il mio sguardo per darmi compagnia»

La poesia della Theóphilo ci viene dal mondo mitico dell'Amazzonia, da un altrove paradisiaco, ma è ingabbiata in ritmi europei, oserei dire mediterranei, insomma i suoi versi sono cantilenati con sbalzi improvvisi di sangue; possiedono una forza selvaggia, sono un fiume in piena da cui emerge peró sempre la sincerità sofferta dell'autrice.

«E il nostro sorriso si smorza
come archiviate carte
ingiallite mature
disposte a cadere
nelle braccia perché io baci
la tua bocca».

"Io canto l'Amazzonia" non dà ragione a Saint Beuve quando afferma che il valore di un’ opera è inscindibile dalla biografia dell'autore ma neppure a Benedetto Croce il quale sostiene che l'unica biografia di un autore è l'opera, qui le due visioni che sembrano distanti, se non diametralmente opposte, sono mischiate, merito forse del fatto che l'autrice è una esule. Chiunque viva, non dimentichiamolo, anche per scelta come la Márcia Theóphilo, lontano dalle sue radici e opera con le parole sente lo strazio della lontananza, la malinconia dell'abbandono. E inoltre, il poeta, alle soglie del duemila, non è di per se stesso un esiliato? Un non inserito? Un non accettato? La società odierna è occupata ad arraffare beni materiali, è impegnata ad abbellire la facciata, dell'interno dei beni materiali poco gliene cala e il poeta va per la sua strada una strada solitaria e perigliosa. La poesia di Márcia Theóphilo così suadente, così cullante, ma anche così piena di censure di ritmi che sembrano mimare i ritmi delle stagioni è lontana dalle scuole, fuori dalla 'combriccola' perché la Theóphilo a tutti è vicina, per allontanarsene subito e per covare come madre terra quelle parole virgulto che da lei sbocceranno. Se dovessi trovare dei maestri farei il nome di Rafael Alberti. Però l'allieva lo supera soprattutto, nella capacità di rendere quotidiano il mito e mitico il quotidiano. Ma citerei anche Vinicius de Moraes e Antonio Machado, il Fernando Pessoa del Canto del marinaio e il García Lorca dei 'Canti gitani'. "Io canto l'Amazzonia" è il documento di una donna che soffre, ama, lotta. Un documento a volte doloroso e cupo a volte felice ed esilarante. I versi sono sempre calcolati mimano il mito dell'Amazzonia gettato nella sgangherata metropoli romana. Se la poesia, come sostengono in molti, è nostalgia, la poesia di Márcia Theóphilo traduce le intermittenze del cuore della terra. Il suo è un viaggio nei nomi e nei numi, è il ritorno a un mondo incorrotto. La Theóphilo è una voce contro il tempo. La sua poesia è l'epifania di un cuore sconfinato, inedito, inusuale oggi che la natura è piuttosto bistrattata. La poesia è il veicolo per trasportare il mondo fuori dall'angoscia e dall'incertezza proprio perché è essa stessa incertezza, ambiguità.

«Spalancando il paradiso, accendono la pazzia
i nostri sensi scatenati. Andiamo
fra luci accecanti, fra densi colori
in estasi chiamando gli dèi».

E, dunque, via a questa celebrazione indio-europea. Prepariamoci a ritornare al mito, a ridare dignità e autorità alle parole.

Dario Bellezza

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