sabato 23 febbraio 2019

Le incerte sorti del latino arcaico - IL PRIMO RE di Matteo Rovere


è un film ambizioso che non raggiuge del tutto i suoi obiettivi, benché sia un’interessante full immersion nel mos maiorum declinato nella sua dimensione più selvaggia e realistica, ma che tanto sarebbe piaciuto al divino Augusto il quale infatti avrebbe cercato inutilmente di ripristinare per legge l’austerità e il rigore morale dei nostri antichissimi padri e antichissime madri, sia pur con minore truculenza.
Ma veniamo al difetto più evidente del film, che presumibilmente era in partenza la maggiore ambizione di Matteo Rovere: vi si parla un latino più o meno classico, il che è un assurdo storico in quanto nell’Italia primitiva non ci si esprimeva certo così. In altri termini, mi sembra che si sia confusa la pronuncia scientifica, o restituta, del latino con il latino arcaico, o perlomeno, può illudere a dare un senso di arcaicità il fatto che viene adottata correttamente quella pronuncia, ma essa era in uso anche in età classica e in gran parte di quella post-classica laddove la grammatica storica e i primi documenti della lingua latina ci hanno evidenziato l'esistenza di una lingua che avrebbe subito vari mutamenti nei secoli successivi (per es., tra il VII e il V secolo, un'espressione come Manios med fhefhaked Numasioi dà bene l'idea del vero protolatino, quindi non poteva già dirsi Marius me fecit Numerio).
Del resto, come si sarebbe potuto fare altrimenti? Questa constatazione va a vantaggio di Matteo Rovere: già è tanto che un’opera cinematografica di ricostruzione storico-mitologica, invece dell’italiano abbia adottato oggi un latino purchessia, e non ecclesiastico, la cui pronuncia è quella circolante nelle scuole in Italia, ma che non è scientifica, come si sa, anche perché nelle scuole francesi o inglesi pronunciano il latino diversamente da come facciamo noi, e non come lo pronunciavano i Romani. Vogliamo parlare allora di una licenza poetica?
Romolo appartiene non alla storia ma al mito, sarebbe stato figlio, secondo una tradizione, di Enea o del re Latino, e di madre troiana, una tal Romé: ma sono tante le leggende che si intersecano con la storia. Se ne occuparono Fabio Pittore, Tito Livio, Plutarco e vari altri, ma gli storici antichi erano affabulatori e artisti prima ancora che storici. Semmai il senso primitivo del sacro, del divino, su cui tanto ha avuto da dire Dumézil, è ben presente nel film, ma in modo piuttosto freddo e intellettualistico, che non coinvolge né emoziona fino in fondo lo spettatore.