Quando
leggo un libro di Sandro De Fazi - e li ho letti quasi tutti - do per scontato
sin da principio che qualcosa mi sorprenderà, perché la cifra della sua
scrittura è sempre l’inganno elegante, che io amo definire l’abuso estetico
della digressione. De Fazi usa infatti la digressione in modo a dir poco
mirabile, così da fuorviare, in una sorta di vergiliato malizioso, il lettore,
senza sottrarsi al coinvolgimento diretto, cosicché leggere un romanzo, un
saggio, un racconto, una poesia di Sandro De Fazi comporta l’onere e l’onore di
una passeggiata, nel senso più walseriano del termine, sottobraccio all’autore.
In
questo Intrigo che, come il Decameron, è un romanzo di racconti, si
viene subito fuorviati, anzi è forse più appropriato dire confusi: Intrigo è un titolo hitchcockiano, fa
pensare a un complotto, a un mistero; ma Intrigo
significa anche attrazione, complicazione, imbarazzo. Ebbene De Fazi gioca
magistralmente col lettore portandolo infatti a credere ciò che vuole e a
volere ciò in cui non crede.
In
realtà, questo romanzo di racconti è un intrigo tanto nel senso del labirinto
che del mosaico.
L’etimologia,
controversa e misteriosa, della parola labirinto ci offre ricchi spunti di
riflessione. Una prima interpretazione sembra ricondurre la parola al greco λαβύρινθος, usato nella
mitologia per indicare il labirinto di Cnosso; la parola trae la sua
derivazione dal lidio labrys =
bipenne, l’ascia a due lame, simbolo del potere reale a Creta. In effetti, il
libro di De Fazi è un luogo complesso, nel quale il racconto viene sezionato e
direi quasi disorientato dalla ricerca potente e regale della propria
prescritta e fatale unità (come l’ascia bipenne, alla quale le due lame,
sebbene a sé stanti, comunque appartengono). Credo tuttavia che non si debba
dimenticare in questo caso anche un’etimologia più complessa e magari
discutibile, quella cioè che connette λαμβάνω, prendo, e ρινάω, inganno, ovvero “vengo ingannato”. Sandro De Fazi,
maestro della digressione come l’ho definito a suo tempo, non può non essere
anche un grande ingannatore. Ed è proprio qui, nell’al di là di un tempo
giocosamente intrecciato nel romanzo, che ci soccorre l’altro concetto che ho
prima evocato: il mosaico. Intrigo ci
sfida da labirinto, nel corpo a corpo, come Gamiani
di Alfred de Musset (non a caso opera attribuita con certezza al suo autore ma
da lui mai firmata), e ci incanta come mosaico, nella distanza spirituale di
una contemplazione estatica d'insieme.
In
definitiva, De Fazi ci racconta sfacciatamente l’eros solo per dircene
manzonianamente “il sugo”, per digredire da par suo in un incantevole e non di
rado amaro saggio sull’amore.
Andrea Rossetti
Palermo, 9 ottobre 2023