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Thomas Couture, I Romani della decadenza, Parigi, Musée d'Orsay, 1847 |
Quando si differenzia l’età cesariana
da quella augustea, pur nella discontinuità talvolta radicale e nonostante le
analogie rappresentate dal periodo tradizionalmente considerato “classico”, si
va contro l’interpretazione che i romani elaborarono
della propria storia.
Nell’età
di Augusto, o saeculum Augustum, dovrebbero
essere inclusi anche, tra gli altri, Valerio Catone (95-30), Licinio Calvo (82-47),
Varrone Atacino (82-35), Catullo (87-54 a.C.), Lucrezio (96-54 a.C.), Cicerone
(106-43 a.C.), Terenzio Varrone (116-27 a.C.), Pomponio Attico (109-32 a.C.),
Cornelio Nepote (100-25 a.C.), lo stesso Cesare (100-44 a.C.), Sallustio (86-35
a.C.). Essendo nato il 23 settembre del 63 a.C., morto il 19 agosto del 14
d.C., si assumono queste date quali inizio e fine del saeculum in questione, avendo Ottaviano influenzato retrospettivamente
la fortuna della letteratura latina precedente a Virgilio a partire almeno da Lutazio
Catulo ed escludendo forse giusto l’età dei Gracchi e di Silla e, naturalmente,
tutto il periodo arcaico peraltro caratterizzato dal mos maiorum, motivo centrale della propaganda di regime, benché l’età
di Cesare fosse ispirata alla tolleranza piuttosto che al controllo della cultura.
La proposta è del resto attestata in Svetonio: alius, ut omne tempus a primo die natali ad exitum eius saeculum Augustum
appellaretur et ita in fastos referretur (Divus Augustus, C). Questo significa che il titolo di Augustus, conferitogli dal senato il 16
gennaio del 27, sta a sottolineare l’identità sacrale, ellenistico-orientale
del nuovo σωτήρ
– cosa affatto insolita per la mentalità romana, - veramente θεῖος
nell’antico senso omerico che Livio Andronico si sarebbe
ben guardato dal tradurre altrimenti che con adprimus ma che ormai Svetonio (70-140 d.C.), che inizia a scrivere
sotto Traiano, protetto da Plinio il Giovane e che fa da segretario a Adriano,
non si fa scrupolo a percepire come divus.