sabato 25 novembre 2017
mercoledì 15 novembre 2017
lunedì 13 novembre 2017
“Elementi di critica omosessuale” di Mario Mieli
Mio commento all’articolo di Federico Zappino “La transessualità, modo di produzione del comune” per Alfabeta2 del 12 novembre 2017:
https://www.alfabeta2.it/2017/11/12/la-transessualita-modo-produzione-del-comune/
Senza negare l'importanza storica della ricerca
di Mario Mieli, ritengo però che le sue tesi risultino oggi inevitabilmente
datate, già a partire dal linguaggio. Non è proponibile oggi il passaggio da un
discorso identitario a uno comunitario nei termini di una "società
comunista". Un limite della gay
culture degli anni ‘70, pure vivissima e necessaria, è stata proprio la
debolezza del fondamento identitario e critico, la sua effettiva dispersione e
da ultimo la sua mancanza nel cercare di svilupparlo, forse inconsapevolmente,
in senso massificante. Un libro quindi che fatalmente rispecchia anche le
contraddizioni e gli errori di quegli anni.
mercoledì 8 novembre 2017
“Vi faccio i miei complimenti in nome dell’Inghilterra"
Racconta Roger Peyrefitte nel suo romanzo che Jacques d’Adelswärd-Fersen
andò per la prima volta a Capri all’età di diciassette anni, proprio in quel
1897 in cui Wilde e Alfred Douglas si trovavano da quelle parti. Abitavano a
Villa Federico. L’isola era ancora dominata dal fantasma pagano di Tiberio.
Fersen era in compagnia di Robert de Tournel, più grande di lui e suo
iniziatore ai misteri del Sud e dell’Oriente. Andarono a pranzare al Quisisana,
albergo frequentato soprattutto da inglesi e da qualche tedesco, il menu
era in francese. A un certo punto, fecero il loro ingresso Wilde e Alfred
Douglas.
Un cliente inglese protestò immediatamente col maître: se quei
due signori avessero pranzato lì, lui se ne sarebbe andato e fece anche per
alzarsi. Il suo esempio fu seguito da altri. Al maître non restò che
dire, con poco credibile diplomazia, ai due indesiderati avventori che non
c’era posto per loro in quanto tutti i tavoli erano già stati riservati.
Fersen suggerì a de Tournel di invitarli al loro tavolo, ma questi non
volle. Del resto si capiva che non era possibile. Fersen notò che Wilde aveva
le lacrime agli occhi. Però Bosie non si perse d’animo, appoggiò il bastone
sulla spalla del maître e gli disse, con la sua formidabile aria
insolente:
“Vi faccio i miei complimenti in nome dell’Inghilterra.”[1]
L’incontro con Wilde a Capri fu fondamentale per Fersen. La cosa ancora più
straordinaria fu che il giovane poeta fece recapitare a Villa Federico, per
Wilde, gladioli e tuberose. Wilde lo ringraziò col seguente biglietto:
«Signore, avete versato il balsamo della vostra giovinezza sulla ferita
inferta dai farisei. Non me ne stupisco perché siete francese e in Francia ho
avuto nobili appoggi nella mia disgrazia. Possa il vostro gesto portarvi
felicità! È l’augurio che formulo nel lasciare quest’isola senza aver avuto il
piacere di conoscervi. Di Capri ricorderò soltanto i vostri gladioli e le
vostre tuberose.»[2]
[1] Roger Peyrefitte, L’esule di Capri, prefazione di Jean Cocteau,
Capri, 2003, p. 21.
[2] Peyrefitte 2003, p. 32.
lunedì 6 novembre 2017
Milton e Fulvia - UNA QUESTIONE PRIVATA di Paolo e Vittorio Taviani
Beppe Fenoglio. è importante che un medium potente come
il cinema dia risalto a uno dei massimi
autori del Novecento letterario italiano insieme a Tomasi di Lampedusa e pochi
altri, poco conosciuto dal grande pubblico purtroppo assuefatto a ben altro, nonostante
la sua grandezza. Sono andato a vedere Una
questione privata di Paolo e Vittorio Taviani, domandandomi come si potesse
mai restituire sullo schermo la prosa di Fenoglio, per es.: “La bocca
socchiusa, le braccia abbandonate lungo i fianchi, Milton guardava la villa di
Fulvia, solitaria sulla collina che degradava sulla città di Alba” (l’incipit). E sì che viene raccontata in
un romanzo breve, inferiore al capolavoro che è Il partigiano Johnny (pieno di anglismi e di inglese e di contaminazioni
stilistiche dove il reale sprofonda come a confondersi con l’autosufficienza superlativa
del testo), la storia della follia dell’amore di Milton per Fulvia, di cui la follia
della guerra civile fa perdere completamente le tracce. Ma la maestria dei
fratelli Taviani è riuscita a competere con la prosa di Fenoglio attraverso un
estetismo asciutto e senza retorica, limpido, essenziale eppure convincente e ben
riconoscibile (anche se qualche stupendo fotogramma mi ha fatto venire in mente
Salò di Pier Paolo Pasolini, però
senza l’estetismo estremo e lussureggiante di quel film)… Quale sarà il destino
di Milton? Un’altra opera aperta? “Poi gli si parò davanti un bosco e Milton vi
puntò dritto. Come entrò sotto gli alberi, questi parvero serrare e far muro e
a un metro da quel muro crollò” (l’explicit).
Film da vedere e romanzo da rileggere, o leggere per chi non lo avesse ancora
fatto.
domenica 5 novembre 2017
Rapporto vita/arte
La "vita al
di fuori dell'opera", che per alcuni esteti decadenti coincideva con
l'arte - essendo per loro la vita un'opera d'arte, - si pone su una base
equivoca. Perciò ad esempio l'opera di Wilde è stata tutt'altro che mediocre,
la sua pagina è il riflesso di quella, e quindi è decadente: da integrare col
mito. Invece d'Annunzio è il primo scrittore italiano a costruire la vasta
macchina decadente riuscendo a essere più unitario (nel rapporto vita/arte) di
quanto non sia stato Wilde. Ma i due elementi
dialogano tra loro, la vita vissuta fuori della pagina non rientra nella
creazione artistica. Mi pare di cogliere un'assonanza con questo discorso nella
seguente, appropriata interpretazione del mito di Orfeo:
«Il poeta è un asceta della finzione,
perché la finzione è mascheramento della verità nell'immanenza.
Mi sono interrogato a lungo sulla vicenda di Orfeo ed Euridice, convincendomi
che Orfeo non si voltò a causa del desiderio di vedere Euridice: si voltò
perché aveva sbagliato strada. La poesia, infatti, misura sempre lo stesso
luogo e allo stesso fa ritorno. Poco importa se questo significa perdere per
sempre Euridice, cioè la vita stessa che scambiamo per la ragione del nostro
viaggio. Orfeo non poteva procedere, semplicemente. Questo è tutto.
La poesia non è vita, la poesia è camminare rimanendo fermi mentre tutto il
mondo scorre via nei pressi del poeta. Mentre comprende -letterale - che la
poesia è male incurabile e cura, perdizione - letterale- ed esorcismo.
Solo chi ha visto per caso sparire Euridice può ben per calcolo sparire alla
Madonna» (Andrea
Rossetti, Sono sparito alla Madonna.
Scritti sul mio teatro, prefazione di Stefano Giovanardi, Torino, Marco
Valerio Editore, p. 63)
“Fantasmi vesuviani” di Felice Piemontese
Ho trascorso il pomeriggio rileggendo Fantasmi vesuviani di Felice Piemontese (Hacca, 2009). Un frammento
di tempo ritrovato questo libro sulla cultura napoletana della seconda metà del
trascorso Novecento. Sono tante le personalità che si susseguono, tra maggiori
e minori: Lucio Amelio, Luigi Incoronato, Luigi Compagnone, Domenico Rea, e
soprattutto Giancarlo Mazzacurati, successivamente trasferitosi a Pisa, sempre
coinvolto dagli "irregolari" e lui stesso un "corpo estraneo" nella facoltà, e le cui lezioni di letteratura Italiana erano le
più frequentate - affollatissime, me ne ricordo bene - dell'ateneo napoletano.
E Anna Maria Ortese immancabilmente legata al racconto Il silenzio della ragione, ne Il mare non bagna Napoli, che suscitò com'è noto un'infinità di
risentite polemiche. Poi la fortuna postuma di Enzo Striano, il significativo
resoconto dell'incontro coi paesi del socialismo reale, lo sconosciutissimo
Albino Pierro candidato al Nobel, provocando lo sconcerto di Mario Luzi che
arrivò addirittura a invocare, sulle pagine del Corriere della sera, l'intervento della magistratura (erano gli
anni di Mani pulite) perché si indagasse sull'inammissibile affronto da lui
subito.
Ciò
che soprattutto colpisce è che nel libro nulla è concesso al lirismo, né alla
facile maniera che l'argomento "Napoli" avrebbe potuto indurre: il memoriale
va avanti come un commentarius cesariano
asciutto e implacabile nella sua precisione e imparzialità, mentre si
percepisce bene tra le righe l'attenzione appassionante del venerato maestro
per il labirinto di realtà e di destini quale è tuttora l'area napoletana.
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