Ho trascorso il pomeriggio rileggendo Fantasmi vesuviani di Felice Piemontese (Hacca, 2009). Un frammento
di tempo ritrovato questo libro sulla cultura napoletana della seconda metà del
trascorso Novecento. Sono tante le personalità che si susseguono, tra maggiori
e minori: Lucio Amelio, Luigi Incoronato, Luigi Compagnone, Domenico Rea, e
soprattutto Giancarlo Mazzacurati, successivamente trasferitosi a Pisa, sempre
coinvolto dagli "irregolari" e lui stesso un "corpo estraneo" nella facoltà, e le cui lezioni di letteratura Italiana erano le
più frequentate - affollatissime, me ne ricordo bene - dell'ateneo napoletano.
E Anna Maria Ortese immancabilmente legata al racconto Il silenzio della ragione, ne Il mare non bagna Napoli, che suscitò com'è noto un'infinità di
risentite polemiche. Poi la fortuna postuma di Enzo Striano, il significativo
resoconto dell'incontro coi paesi del socialismo reale, lo sconosciutissimo
Albino Pierro candidato al Nobel, provocando lo sconcerto di Mario Luzi che
arrivò addirittura a invocare, sulle pagine del Corriere della sera, l'intervento della magistratura (erano gli
anni di Mani pulite) perché si indagasse sull'inammissibile affronto da lui
subito.
Ciò
che soprattutto colpisce è che nel libro nulla è concesso al lirismo, né alla
facile maniera che l'argomento "Napoli" avrebbe potuto indurre: il memoriale
va avanti come un commentarius cesariano
asciutto e implacabile nella sua precisione e imparzialità, mentre si
percepisce bene tra le righe l'attenzione appassionante del venerato maestro
per il labirinto di realtà e di destini quale è tuttora l'area napoletana.
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