Racconta Roger Peyrefitte nel suo romanzo che Jacques d’Adelswärd-Fersen
andò per la prima volta a Capri all’età di diciassette anni, proprio in quel
1897 in cui Wilde e Alfred Douglas si trovavano da quelle parti. Abitavano a
Villa Federico. L’isola era ancora dominata dal fantasma pagano di Tiberio.
Fersen era in compagnia di Robert de Tournel, più grande di lui e suo
iniziatore ai misteri del Sud e dell’Oriente. Andarono a pranzare al Quisisana,
albergo frequentato soprattutto da inglesi e da qualche tedesco, il menu
era in francese. A un certo punto, fecero il loro ingresso Wilde e Alfred
Douglas.
Un cliente inglese protestò immediatamente col maître: se quei
due signori avessero pranzato lì, lui se ne sarebbe andato e fece anche per
alzarsi. Il suo esempio fu seguito da altri. Al maître non restò che
dire, con poco credibile diplomazia, ai due indesiderati avventori che non
c’era posto per loro in quanto tutti i tavoli erano già stati riservati.
Fersen suggerì a de Tournel di invitarli al loro tavolo, ma questi non
volle. Del resto si capiva che non era possibile. Fersen notò che Wilde aveva
le lacrime agli occhi. Però Bosie non si perse d’animo, appoggiò il bastone
sulla spalla del maître e gli disse, con la sua formidabile aria
insolente:
“Vi faccio i miei complimenti in nome dell’Inghilterra.”[1]
L’incontro con Wilde a Capri fu fondamentale per Fersen. La cosa ancora più
straordinaria fu che il giovane poeta fece recapitare a Villa Federico, per
Wilde, gladioli e tuberose. Wilde lo ringraziò col seguente biglietto:
«Signore, avete versato il balsamo della vostra giovinezza sulla ferita
inferta dai farisei. Non me ne stupisco perché siete francese e in Francia ho
avuto nobili appoggi nella mia disgrazia. Possa il vostro gesto portarvi
felicità! È l’augurio che formulo nel lasciare quest’isola senza aver avuto il
piacere di conoscervi. Di Capri ricorderò soltanto i vostri gladioli e le
vostre tuberose.»[2]
[1] Roger Peyrefitte, L’esule di Capri, prefazione di Jean Cocteau,
Capri, 2003, p. 21.
[2] Peyrefitte 2003, p. 32.
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