Sandro De Fazi. Ti scrivo brevemente per chiederti scusa dei miei silenzi
Ti scrivo brevemente per chiederti scusa
dei miei silenzi è pervaso da una realtà singolare e duplice: da una parte la Vita
di Gaetano Dimatteo (che è il sottotitolo) e dall’altra il montaggio di dati di fatto,
personali e letterari intrecciati alla biografia e alla produzione
dell’artista. La realtà del passato resta, senza che lo si noti, nell’illusione
prospettica del presente, come in un’anamorfosi. Non è né un romanzo né un saggio,
è un ibrido che non ignora il saggio nel romanzo e il romanzo nel saggio. Ho
usato i sottocodici della saggistica e sono frequenti le digressioni, sempre
pertinenti all’”argomento”. Mi intriga la contaminazione dei generi letterari e
tra le varie discipline artistiche, in primo luogo il teatro, insieme al cinema
con la pittura e la letteratura.
Questi silenzi non sono (soltanto) i miei ma quelli più fragorosi di
Anna Maria Ortese. Il titolo è tratto da una sua lettera a Dimatteo riprodotta
anastaticamente in appendice, insieme ad altre. Mi è parso irresistibile implicarmi
io stesso in prima persona in quanto autore reale, anche se i miei rapporti coi
protagonisti di cui sono stato amico quand’ero giovanissimo sono qui solamente
accennati. Mi sono divertito in una rappresentazione romanzata di me stesso,
non esattamente in termini di “autofiction” e inevitabilmente parziale in
quanto nel libro non c’è quasi nulla di inventato.
L’intento principale è stato mettere in risalto la figura di Gaetano
Dimatteo, per il pregio dell’argomento in sé e quale forza attanziale necessaria
allo sviluppo - non cronologico – della narrazione. Raccontare la sua vita
significava coinvolgere aspetti importanti dei miei rapporti con altri
personaggi - del passato, del presente – a lui e a me vicini. Ho voluto portare
il lettore verso il mondo letterario romano degli anni Settanta e Ottanta, che
sembra sempre più lontano e surreale ma soltanto per sottolineare il senso
critico del presente. Questa è stata la motivazione culturale che mi ha spinto
a scrivere. In realtà, questa mia opera “parla” (se mai di qualcosa possa
parlare un libro) del presente. Ne è la cronaca rapportata a una storia che
trionfalmente sogghigna.
Ho considerato ellittici altri contenuti, li ho omessi e sono stato qua
e là intenzionalmente allusivo. Ho usato fasci di caratterizzazione tali da rivolgermi
esclusivamente a un narratario che fosse addentro alle questioni che ho posto,
e a nessun altro.
Sandro De Fazi
per l'Estroverso/Cultura, 10 febbraio 2013
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