EM a Dario Bellezza – [minuta] di lettera ms, s.d. [’69?]
in L’amata.
Lettere di e a Elsa Morante, a cura di
Daniele Morante con la collaborazione di Giuliana Zagra, Einaudi 2012, pp.
538-539
Carissimo Dario,
Mi
dispiace di averti offeso, ma preferisco, da parte mia, di averti dato
occasione a scrivere questa lettera, la quale mi conferma, anzi ripete fin
quasi nelle parole, quello che io ti avevo detto per telefono.
Certo,
è possibilissimo che anche questa immagine negativa, che tu ti fai di me, mi
appartenga, e che io possa, anzi deva, riconoscermi anche in essa. Tu sai
difatti, come io so, che in ciascuno di noi abita una piccola moltitudine
(spesso di convivenza difficile) e che da questa moltitudine, a seconda delle
circostanze e delle persone, si suscita[?] e si proietta sugli altri una
immagine diversa di noi stessi. Ma il fatto che tu, a differenza di quelli che
mi sono amici, abbia scelto di me proprio questa immagine, dimostra che, se è
vero che tu non mi sei simpatico, anch’io non ti sono simpatica. Anzi, credo
(posso anche sbagliarmi) che in fondo la tua non simpatia per me abbia
preceduto la mia, e magari l’abbia prodotta.
È
anche vero che, se io possedessi una maggiore carità, potrei forse provare
simpatia anche per quelli che non ne provano realmente per me. Ma almeno per
ora, la mia carità è insufficiente a questo. Tutto quello che posso fare – e
che faccio sempre in questi casi – è di evitare gli incontri con certi poeti,
accontentandomi di leggere le loro poesie. Questa [xxx] è l’unica povera forma di
carità [xxx xxx] (verso me stessa e verso di loro) di cui dispongo in casi
simili.
Scusami;
ma solo la simpatia a me può dare ancora qualche contentezza. E io cerco la
contentezza, come la gente comune.
Naturalmente,
se credessi che la mia compagnia può dare a te qualche contentezza, questo già
mi basterebbe. Ma ho proprio l’impressione che non sia così. [xxx xxx xxx xxx
xxx]. E per di più alcuni miei sospetti sono, per te, umilianti. Forse, si
tratta di sospetti ingiusti. E in ogni modo ti assicuro che non ti voglio male.
Anzi, il contrario.
E
mi addolora che tu sia infelice. Ma purtroppo, non posso darti nessun vero
aiuto. Senza simpatia, nessun aiuto è possibile.
Scusami,
e cerca di non odiare. Né me, né nessuno.
Elsa
* * *
Elisa V. a Tommaso
in Angelo di Dario Bellezza, Garzanti 1979, pp. 69-70
Caro[1]
Tommaso,
mi
dispiace di averti offeso, ma preferisco, finalmente[2],
di averti dato occasione a scrivere questa tua lettera ricevuta oggi[3],
la quale serve a confermarmi[4]
(anzi, ripete fin quasi nelle parole)[5],
quello che io stessa avevo voluto spiegarti tante volte[6].
Certo,
è possibilissimo, che anche questa immagine negativa, che tu ti fai di me, e
oggi descrivi[7], mi
appartenga, e che io mi riconosca “anche“ in essa.[8]
Si sa[9]
che in ciascuno di noi abita una piccola moltitudine (spesso di difficile
convivenza[10]) e che
da questa moltitudine si suscita e si proietta sugli altri, a seconda delle
circostanze e delle persone, un’ immagine diversa di noi stessi. Ma il fatto
che tu, a differenza di quelli che mi sono amici, abbia scelto di me proprio “questa”[11]
immagine, costante[12],
dimostra che, se è vero che tu non mi sei simpatico, anch’io non ti sono
simpatica. Anzi, io[13]
credo[14]
che in fondo la tua non simpatia per me abbia preceduto la mia, e magari
l’abbia prodotta.
È
anche vero che, se io possedessi una sufficiente[15]
carità, potrei forse provare simpatia anche per quelli che non ne provano[16]
per me, e fino al ricambio[17].
Ma almeno per ora, la mia carità è insufficiente[18].
Tutto quello che posso fare – e che faccio sempre in questi casi – è di evitare
gli incontri con certi poeti, accontentandomi di leggere la loro poesia[19].
Questo è l’unico rimedio di cui dispongo[20].
Scusami; ma solo la simpatia a me può dare ancora qualche contentezza. E io
cerco la contentezza, come la gente comune. Naturalmente, se credessi che la
mia compagnia può dare a te qualche contentezza, questo già mi basterebbe. Ma
ho la convinzione che non sia così[21].
E questa convinzione è mescolata di sospetti che sono per te umilianti[22].
Forse, si tratta di sospetti ingiusti, e degradano
anche chi li prova[23].
Però in ogni modo ti assicuro che non ti voglio davvero male[24],
anzi, il contrario[25].
E mi addolora saperti infelice[26].
Ma purtroppo non posso darti nessun vero aiuto. Senza simpatia, non c’è aiuto
possibile[27].
Elisa
[1] invece di “carissimo”.
[2] invece di “da parte mia”.
[3] “ricevuta oggi” è un’aggiunta.
[4] invece di “mi conferma”.
[5] “anzi, mi ripete fino quasi nelle parole” ora tra
parentesi, e con l’aggiunta di “mi”.
[6] invece di “io ti avevo detto per
telefono”.
[7] “e oggi descrivi” è un’aggiunta.
[8] invece di “e che io possa, anzi deva, riconoscermi
anche in essa”.
[9] invece di “Tu sai difatti, come io so”.
[10] invece di “convivenza difficile”.
[11] con l’aggiunta delle virgolette.
[12] “costante” è un’aggiunta.
[13] “io” è un’aggiunta.
[14] “(posso anche sbagliarmi)” è stato omesso.
[15] invece di “maggiore”.
[16] “realmente” è stato omesso.
[17] “e fino al ricambio” è un’aggiunta.
[18] “a questo” è stato omessso.
[19] invece di “le loro poesie”.
[20] invece di “Questa [xxx] è l’unica povera
forma di carità [xxx xxx] (verso me stessa e verso di loro) di cui dispongo in
casi simili”.
[21] invece di “Ma ho proprio l’impressione che non sia
così”.
[22] invece di “E per di più alcuni miei sospetti sono,
per te, umilianti”.
[23] “e degradano
anche chi li prova” è un’aggiunta.
[24] invece di “E in ogni modo ti assicuro che non ti
voglio male”
[25] con “Anzi” iniziava un nuovo periodo.
[26] invece di “E mi addolora che tu sia infelice”,
periodo col quale si andava a capo.
[27] invece di “nessun aiuto è possibile”.
[28] “ancora” è un’aggiunta.
[29] con “non odiare” si concludeva il periodo.
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