Jean-Auguste Ingres, Edipo e la sfinge |
Bisogna
fare in modo che l’angoscia (angustiae,
Enge) non si sviluppi ma che il
segnale iniziale in termini reali venga percepito come preparatorio, al fine di
riproporre emotivamente e razionalmente il contenimento dell’angoscia.
L’angoscia
reale è uno stato affettivo proprio dell’animale mammifero e ha origine nella
separazione dal seno. L’eccitamento libidico frustraneo e la limitazione
sessuale sono cause di angoscia nevrotica. La differenza tra angoscia reale e
angoscia nevrotica può essere esclusivamente quantitativa, perciò la situazione
angosciosa è in grado in determinate circostanze di slatentizzare la nevrosi di
traslazione. Al posto della libido subentra l’angoscia. Freud chiarisce che l’emergere
dell’angoscia nevrotica «spetta all’astinenza sessuale […] naturalmente solo
quando la libido cui non viene concessa una scarica soddisfacente è
relativamente intensa e non è stata per la maggior parte liquidata dalla
sublimazione. Certo sono sempre i fattori quantitativi a decidere se l’esito
sarà patologico o meno» (Introduzione
alla psicoanalisi, Boringhieri 1978, p. 363).
Il
contenuto rimosso determina la resistenza e il passaggio dalla frustrazione al
sintomo deve essere ricostruito.
Come
ha fatto la paura di fronte a un pericolo reale a produrre il sintomo?
Quale
consapevolezza ulteriore deve essere stabilita affinché l’angoscia reale non
sfoci nel sintomo?
Perché,
pur avendo organizzato emotivamente e razionalmente la strategia di difesa all’insorgere
del segnale di pericolo, persiste lo stato affettivo tormentoso?
Che
cosa dal punto di vista libidico non ha funzionato normalmente per far fronte
all’antitesi tra l’Io e la libido?
È
chiaro che i due percorsi (oggettività del pericolo e predisposizione
soggettiva al sintomo) vanno affrontati simultaneamente o, meglio,
dialetticamente.
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