venerdì 27 febbraio 2015

Stati di Facebook (febbraio 2015)



Le confessioni di Rousseau sono un romanzo molto più de Les liaisons dangeresuses di Choderlos de Laclos.
2 febbraio 2015
*
L'aura però gli corrisponde, tardi, nei Triumphi, colpo di scena nel gran finale:
"Fur quasi uguali in noi fiamme amorose,
almen poi ch'i' m'avvidi del tuo foco;
ma l'un le palesò, l'altro l'ascose. "
4 febbraio

*
TRA CLERO REGOLARE E CLERO PIÙ O MENO SECOLARE, TERTIUM DAVVERO E INCONDIZIONATAMENTE DATUR?
E SEMPRE, PER DIRLA CON BOURDIEU, GLI INTELLETTUALI SONO UN GRUPPO DOMINATO DELLA CLASSE DOMINANTE?
«Attorno a questi problemi si delineano gruppi di tenore opposto, per così dire ‘in entrata’ o ‘in uscita’. I primi sono quelli che cercano di acconciarsi dentro il mercato così com’è; i secondi quelli che si separano dalla comunicazione realmente esistente, muovendo all’aperto verso qualche forma di utopia. I primi metteranno in campo tutti gli accorgimenti e le prudenze per pubblicare presso i grandi gruppi editoriali, intervenire sui maggiori giornali e nelle trasmissioni televisive; i secondi cercheranno di modificare la struttura attuale del mercato della parola, per esempio finanziando piccole case editrici o pubblicando i propri lavori su Internet senza diritti d’autore. Naturalmente tra i due opposti atteggiamenti vi è un’ampia gamma di sfumature: mai come in questo campo il bianco e il nero non si danno come i colori di un’alternativa netta. Tuttavia la differenza tra i due modi di essere c’è, ed è palpabile. Il primo atteggiamento, quello ‘in entrata’, trasforma facilmente l’intellettuale in un funzionario (magari in un ‘editor’, un servo dell’editoria così com’è), o in qualcuno che, pur svolgendo un lavoro importante e perfino originale, è reso dal contesto un cortigiano. Con il secondo atteggiamento, ‘in uscita’, si rischia costantemente la marginalità ininfluente. Però solo questo è in grado di salvare l’”onore del chierico”, per parlare come Benda.»
(Rino Genovese, Il destino dell’intellettuale, p. 52)

*
Speremus Latine, Graece autem cogitemus. Dein Latine meditemur, agamus Graece.
6 febbraio

*
Inutile disputa andata avanti per secoli: basta: l'autore dell'Iliade e dell'Odissea è uno e uno soltanto: Omero. Non si spiegherebbe altrimenti l'unità di ciascun poema né quanto di metatestuale è presente nell'Odissea rispetto all'Iliade, né come faccia tutto a ruotare intorno all'ira di Achille e al viaggio di Ulisse.
7 febbraio

*
Ho letto con inquietudine riguardo al volume 97 dei Quaderni neri di Heidegger. La questione è di tale complessità che in questa sede si può solo vagamente accennarla. Detto terra terra: saremmo daccapo alla mostruosa e inaccettabile spiegazione della Shoah - che non ha spiegazione né motivazione alcuna, è sempre il caso di ribadirlo - come vendetta dell'essere per il deicidio, il che mi fa piuttosto pensare a un suicidio dell'essere che forse si può leggere tra le righe appunto come autoannientamento del fondamento greco-biblico della cultura occidentale. Ma sul nazismo di Heidegger cose definitive sono state dette da Hannah Arendt: ingenuità e ignoranza delle circostanze politiche vere e proprie, e di tutto questo la riprova è che il nazismo non ha saputo né avrebbe saputo che farsi del pensiero di intellettuali come Heidegger. Ha dunque ragione Severino (e, aggiungo, la Arendt), i Quaderni neri vanno lasciati da parte. Questo non significa che bisogna ignorarli ma non vanno messi assolutamente in rapporto con Essere e tempo e gli altri scritti filosofici.
8 febbraio

*
“I nazisti avevano le loro idee, e ciò che serviva loro erano tecniche e tecnici totalmente privi di idee o imbevuti solo di idee naziste. Gli studiosi di cui i nazisti si sbarazzarono in men che non si dica, perché in definitiva ben poco utili, furono proprio i nazionalisti vecchio stile come Heidegger, il cui entusiasmo per il Terzo Reich era pari solo alla sua fulgida ignoranza di ciò di cui stava parlando. Dopo che Heidegger ebbe reso il nazismo rispettabile agli occhi dell’élite accademica, fu Alfred Bäumler, un ciarlatano ben noto già in epoca prehitleriana, a prenderne il posto e a riceverne tutti gli onori.”
(Hannah Arendt)
9 febbraio

*
Hannah Arendt ha analizzato anche il totalitarismo di Stalin, ma la storia, si sa, oltre a essere magistra di niente che ci riguardi, è scritta dai vincitori. A quando una giornata che ricordi gli orrori perpetrati dagli americani su Hiroshima e Nagasaki? Foibe è parola che mi fa sempre pensare a fobie. La fobia di non conformarsi al pensiero dominante.
10 febbraio

*
L'impostazione neo-unitaria, e derivati, ha sempre avuto intorno a sé un'aurea di estetismo, non solo nella questione omerica. Questo apre la strada a qualche paradosso, e in ogni caso a uno strano dualismo: l'analisi non è scienza del testo, ma parte dal testo per fondarsi tanto epistemologicamente quanto esotericamente.
È singolare infatti che dalla parte degli unitari contro i separatisti - o analitici, a cominciare dalle Betrachtungen über Homer’s Iliad del Lachmann, i cui contributi alla critica del testo restano peraltro fondamentali (cfr. a questo proposito Sebastiano Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann, Liviana Editrice, 1990) - ci siano sempre stati protestatari in odor d'eresia, tacciati di essoterismo e che si trovavano a vivere e operare in periodi di riflusso. 
Il monopolio della scienza restava nelle mani dei separatisti, come dice espressamente Jean Bollack, mentre gli altri "erano spesso dei marginali, considerati come esteti, oppure dei professori di liceo" (La Grecia di nessuno, Sellerio 2007, p. 40). Come si spiega questo? Bollack fornisce alcune risposte, legate al disprezzo nutrito dalla critica analitica "per il fatto letterario e pubblico", al punto che la lettura di un testo "prodotto dall'analisi è la prova di un iniziato". 
Il prestigio scientifico, pure nel paradosso evidenziato, consisteva proprio nell'estraneità all'interesse effettivo e alle necessità pedagogiche. Insomma gli analitici abbandonavano l'esegesi, respingendola "ad un livello inferiore, lasciata ai pedagoghi". Quindi gli unitari finivano per essere associati al grande pubblico.
La conclusione che se ne trae è logica e sconcertante allo stesso tempo: scienza non ispirata, l'analisi occupa il posto di un’attività esoterica laddove quella che Bollack chiama “esegesi approfondita”, che tuttavia va oltre la pratica pedagogica pur costituendosi in termini essoterici (operativi e vitalistici), finisce per sconfinare nell’elucubrazione teologica. Ma uno dei grandi meriti di Bollack mi sembra proprio la sua riproposta, attraverso l'analisi dell'analisi, del contenimento del conflitto derivante da questo dualismo. 
                                                                                                                                                                                                                                                                                 10 febbraio 
                                                                    
                                                                                    






Nessun commento: