"Femminicidio"
è una parola orrenda, ma la cronaca giornalistica ne sta ormai abusando. Il
problema è ancora una volta culturale prima che giuridico, in quanto i ruoli
sessuali non esistono, e invece vengono riproposte stereotipie meccaniche e repressive,
probabilmente avallate da entrambe le parti in causa. I motivi possono essere
svariati: paura, pigrizia mentale, identità sessuali problematiche, semplice
moralismo di facciata o, peggio, autorepressione e dunque bisogno di esercitare
la forza sul più "debole", come attraverso uno specchio deformato. Ma
i ruoli sessuali sono delle convenzioni culturali arbitrarie e perciò
dissacrabili e rovesciabili reciprocamente, anche nello stesso sistema di
riferimento. Ancorarsi a un'idea pregiudiziale fissa in tal senso è indice di
mentalità primitiva, la possibilità di un ribaltamento del genere è insita nel
linguaggio, di questo è necessario avere consapevolezza, non obbligatoriamente
giocare col ruolo al di fuori del linguaggio. Ecco in che senso il termine
"femminicidio" è entrato nell'uso a indicare l'inaudito degrado delle
relazioni tra i due sessi fino alla violenza estrema.
(1 settembre 2013)
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