L’appartenere ad una venerabile gerarchia come quella del
clero cattolico perfeziona senza dubbio il senso della gerarchia umana, e molto
meglio di quanto lo faccia un’esistenza borghese. Però, chiarito questo
pensiero, vado un passo più avanti, sforzandomi di serbarmi sempre logico.
Abbiamo parlato di un “senso”, quindi di una componente della sensualità. Ma la
forma cattolica della venerazione è quella che, per avviarci al soprasensibile,
precipuamente conta ed agisce sulla sensualità, favorendola per le vie più impensate
e costringendola più di ogni altra ad approfondirsi nei suoi segreti. Un
orecchio avvezzo alla musica più sublime, ad armonie create per dare il
presagio di cori celesti, non dovrebbe essere abbastanza sensibile per
ascoltare la nobiltà profonda di una voce umana? Un occhio esperto del fasto
religioso, degli aspetti e dei colori che simboleggiano la magnificenza di
ambienti celesti, non dovrebbe essere particolarmente aperto alla grazia
misteriosamente privilegiata di una forma perfetta? Un olfatto che, abituato ai
profumi dei templi ed estasiato dall’incenso, abbia per tempo assorbito il
grato aroma della santità, non dovrebbe poter avvertire l’emanazione corporea,
se anche immateriale, di una creatura predestinata alla fortuna? Colui che è
consacrato per celebrare il mistero della carne e del sangue di questa Chiesa,
non dovrebbe poter anche distinguere, grazie ad un più raffinato senso del
tatto, fra una sostanza umana scadente o superiore? Con queste parole ricercate
mi lusingo di avere dato espressione quanto possibile esauriente ai miei
pensieri.
Thomas Mann, Confessioni del cavaliere d’industria Felix Krull, trad. it. di Lavinia Mazzucchetti, Libro secondo, Capitolo secondo
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