sabato 4 febbraio 2012

Urbs Roma/1




L’intrinseca sacralità per legge della persona di Augusto, in quanto interprete indiscutibile della volontà degli dèi, risale alla tradizione leggendaria che vedeva in Romolo il detentore supremo di tale carisma («Nomen meum senatus consulto inclusum est in saliare carmen, et sacrosanctus in perpetuum ut essem et, quoad viverem, tribunicia potestas mihi esset, per legem sanctum est» August., Res gestae Divi Augusti, 10). Nonostante l’abile strategia populista impiegata nella fondazione della “repubblica apparente”, il principato augusteo ha in sé i limiti della sua stessa struttura, individuabili in primo luogo nel potere autocratico, al di fuori del controllo di qualsiasi altro organismo esterno e, di conseguenza, in un vacillante equilibrio nei rapporti col senato, di fatto esautorato di ogni funzione tranne quella della fronda e dell’adulazione, sia pure rispettato nella forma (non nella sostanza). Poi la propaganda di governo imposta agli intellettuali sarà tutta una serie di crack, come ha scritto recentemente Luca Canali: «la restaurazione etica fallì nella stessa famiglia imperiale; alla religione degli avi nessuno credeva più, se non come alla necessità di un governo che poggiasse anche sulle colonne dei templi; le dottrine filosofiche si perpetuavano iterando la loro esaustione paradossalmente significata dal prefisso νέος con cui tentavano di vitalizzarsi»[i]. Il conflitto latente col senato, che era esploso alle idi di marzo del 44 per l’incuria di Cesare di occuparsi degli avversari, è tuttavia magistralmente tenuto a freno insieme ai rigurgiti repubblicani; l’antagonismo tra ordine senatorio e ordine equestre mina la pax dalle fondamenta ma l’Italia, con circa cinque milioni di cives Romani, continua a godere di una supremazia forzata a dispetto dei ben sessanta milioni di provinciali che popolano l’impero. Tutta questa imponente opera di latinizzazione è stata realizzata dal III al I sec. a.C., periodo nel quale il populus Romanus è diventato un vero e proprio populus imperator. Il suo è un primato sia politico che economico dal momento che vengono accresciuti e stabilizzati sotto Augusto i privilegi di carattere giuridico e sociale, in un benessere economico che i secoli successivi non conosceranno più. È anche da questo preciso momento che la cultura latina è in grado di affrancarsi del tutto dalla subalternità al modello greco lungamente patito e contrastato con risultati sempre più convincenti fino all’età di Cesare, fondendo e trasmettendo fino a noi  l’elemento greco-ellenistico nella nozione di classicità tuttora egemone.


[i]  L. Canali, Identikit dei padri antichi. Sedici scrittori latini e cristiani, Roma, manifestolibri, 2010, p. 71.

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