domenica 17 gennaio 2010

ELIO PECORA: prefazione a Sandro De Fazi, "Ti scrivo brevemente per chiederti scusa dei miei silenzi. Vita di Gaetano Dimatteo."



E’ fuori dubbio la singolarità di questo libro, che non appartiene al genere del romanzo e nemmeno a quello della biografia. Ma siamo in tanti a sapere che la vivezza e la vitalità di un libro solo di rado dipendono dal fatto di ascriverlo a un genere, di imprigionarlo in una categoria.
Si tratta invece di un libro che dai generi prescinde in quanto mescola alla narrazione il pensiero vagante, l’annotazione, il rispecchiamento, la varietà e la velocità dell’appunto, il protrarsi di una citazione, il frammentarsi di un ricordo. E che del romanzo rifiuta la struttura vigilata, l’andamento concluso. Ne viene una scrittura che procede in un suo flusso inarrestabile e pure trattiene il lettore e lo conduce verso inaspettate rese, nemmeno più tali se sconfinano in nuove interrogazioni, verso inquietanti anamorfosi.
De Fazi si propone di raccontarci la vita di Gaetano Dimatteo, pittore e scenografo lucano, uomo di notevoli qualità , di affetti profondi e provati, di impegni costanti. E molte di queste pagine raccontano e rivelano l’artista e la complessità e la_ vastità del suo operare, ma prima ancora la sua tenerezza di figlio, di creatura sofferente, di amico attento e fedele, di persona che vive con passione e con partecipazione il suo tempo.
Ma una singola esistenza porta in sé e con sé tante altre esistenze, di certo quelle che l’hanno toccata così da vicino da nutrirla, motivarla, decuplicarne le forze e i doni. Allora la biografia diventa la storia di molti, l’annodarsi e lo snodarsi di vicende prossime e diverse. Il tempo si dilata, i luoghi si moltiplicano, le voci s’alleano in un coro.
Così, la vita di Dimatteo, s’intreccia e si confonde con quella di Dario Bellezza e di Anna Maria Ortese, qui presenti e pressanti. Leggiamo le loro lettere, ascoltiamo le loro telefonate, ne percepiamo le pene, ne cogliamo le incertezze, ne rileggiamo le prose e i versi, ne apprendiamo le delusioni, le rare contentezze. E l’amicizia si tinge di amore, la comprensione diviene vicinanza, condivisione di un cammino. E pittura e poesia, discorso aperto e chiusa confidenza arrivano ad essere espressione cercata e raggiunta rappresentazione.
Gli anni attraversati vanno dal Settanta all’oggi. Passano e si fermano Moravia, Elsa Morante, Penna, Amelia Rosselli, Pier Paolo Pasolini, Luchino Visconti. Parlano e si svelano, in un intreccio di umori, di verità tenere e aspre. Amici di Dimatteo, che ha dedicato mostre a Moravia e a Visconti, e che per decenni ha avuto l’affetto della Ortese, ha condiviso i lunghi soggiorni a Nova Siri di Bellezza, sono colti da De Fazi - che di alcuni di quei “protagonisti” è stato amico in un’età di cui ha forte nostalgia - con vigore e con grazia, con l’attenzione del poeta e del critico, ma soprattutto dell’uomo che pone gli affetti al di sopra di ogni altro sentire.
Per ciò, in questo libro, l’estetica ha la meglio. Innalzando un altare di parole all’artista e all’uomo, e con lui e per lui a quel gruppo di autori al quale Dimatteo è stato fortemente legato, Sandro De Fazi prova quanto possa prevalere su ogni visione e ragione il sentimento, o quel che ancora Proust chiamava “l’intelligenza del cuore”: che è misura del mondo, sua inderogabile norma, sua vera interiore salute.

Elio Pecora

novembre 2009

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