martedì 25 giugno 2024

DARIO (incipit di un racconto inedito)

 

                                            (Foto: Il poeta e scrittore Dario Bellezza - Archivio storico Istituto Luce)

 

Era un tardo pomeriggio di fine gennaio del 1986. Dario Bellezza veniva da Pompei dove era andato a ritirare un premio letterario, forse a tenere una conferenza o una lettura di poesie, e sarebbe da Napoli Centrale presto ripartito per Roma, fermandosi giusto il tempo di conoscerci di persona dopo tante telefonate, trattenerci a un bar; io arrivai da Caserta in poco tempo per raggiungerlo. Che il primo, reale incontro sia avvenuto in quel periodo lo deduco da una poesia pubblicata in un mio libro di quell’anno, quando avevo compiuto venticinque anni. Lo affermo all’inizio di queste note, dove sento l’eco dei Ricordi di Friedrich Nietzsche scritti da Paul Deussen. Quello era il mio esordio letterario, piuttosto in sordina se vogliamo anche se alla compianta Cristina Annino capitò di pubblicare con lo stesso editore e io ero contentissimo perché mi aveva letto il miglior poeta della sua generazione, come lo definì Pier Paolo Pasolini. L’ultimo verso di quella poesia è il seguente: Solo ciò che conforta è la bellezza. È datata 22-28 gennaio 1986. Ma dopo tanti anni è difficile non confondersi sulle date e le circostanze e gli sviluppi ulteriori della nostra amicizia e mi pare proprio che quel mio testo poetico mi sia rivelatore non solo cronologicamente. Risulta che lo scrissi, o perlomeno aggiunsi quelle parole tra il 22 e il 28 gennaio dopo aver visto Dario alla Stazione Centrale di Napoli per la prima volta, ma non so dire con esattezza in quale giorno. Né penso che la bellezza mi confortasse particolarmente in quel periodo, avevo trascorso brutti mesi come si era accorta la Morante, qualcosa di cupo mi attraversava. Portavo una montatura nera di occhiali molto spessa, mi nascondeva metà del volto, per un vezzo giovanile quasi mi camuffavo da brutto. L’allusione alla bellezza era un gioco di parole che si riferiva proprio al cognome del poeta.

Lui era ancora più grande di quanto io stesso fossi allora in grado di comprendere, anche se per vari aspetti ne intuivo l’ulteriorità a sua volta e a suo modo nietzschiana. Ora tuttavia mi viene un dubbio: poteva essere il 1985? Gennaio 1985? Che fosse inverno inoltrato sono sicuro, Elsa Morante era ancora viva tant’è vero che ne parlammo e in quella circostanza napoletana lui aveva nominato Virginia Woolf, che nel suo romanzo Turbamento è il senhal di Elsa (la poesia la scrissi l’anno dopo). Perciò, tralasciando quella poesia, propendo in definitiva a ritenere che quel pomeriggio a Napoli fosse la fine di gennaio del 1985.  

C’era con lui un ragazzo di nome Charlie.

 

 

 

martedì 18 giugno 2024

Recensione di Stefania Bergamini a EUGENIO (4 luglio 2023)

 

Foto di Stefania Bergamini

“Niente in Eugenio è certo. Nessuna azione, nessun dialogo, nessun luogo e incontrovertibilmente accertato, nessun amore è reale, dell'esistenza di ciascun personaggio si dubita. Ma proprio per questo, paradossalmente in Eugenio niente è inventato, i personaggi sono tutti reali, le storie d'amore tutte vere. La trama di questo romanzo, il cui titolo allude a un disegno letterario mai realizzato da Giacomo Leopardi, depista il lettore e lo sfida con pathos crescente, attraverso l'avvicendarsi di eventi in cui la vita è celebrata nell'eterno superamento di se stessa.”

Sandro De Fazi 


Eugenio è il romanzo bellissimo di Sandro De Fazi.

Dentro a una scrittura profonda, sensibile e raffinata Sandro De Fazi trascina in una No man's land (Berberova. C’è una vita a tutti visibile, e ce n’è un’altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla), che diventa un segreto e geniale diario pieno di erotismo mai esagerato e quasi crudele nel porgerlo come sogno o la libertà di pensarlo come reale accaduto.

Dedicato al poeta Dario Bellezza, il romanzo, in certi punti, si avvicina al pensiero di Kierkegaard, il sottrarre bellezza al mondo per poi restituirla rielaborata godendone ora con l'immaginazione ora con l'intelletto e disorienta, c'è altro oltre questa dimensione?

Davvero una bella lettura.

4 luglio 2023

Recensione di Paolo Crimaldi a EUGENIO (8 settembre 2021)


Voglio consigliarvi la lettura del romanzo del mio amico Sandro De Fazi, un racconto che spazia dagli anni anni '80 ad oggi e che permette di vivere attraverso i protagonisti vicende, passioni, pensieri che vanno dal presunto al reale tanto da chiedersi continuamente cosa c'è di autobiografico e cosa invece è pura invenzione letteraria.

I personaggi più riusciti, a mio avviso, sono sicuramente quelli di Fabrizio e di Diego, e non è poi così difficile affezionarsi a loro e vivere con loro avventure e emozioni anche erotiche, appassionate, forti ma mai volgari e scontate.

Nel libro sono presenti vere e proprie finestre di erotismo anticonformista che spingono a voli pindarici e forse anche a invidiare i personaggi che le vivono con così tanta naturalezza e leggerezza.

Del resto ogni singola persona presente in questo racconto è tratteggiata con grande finezza psicologica, quasi sull'onda del romanzo russo d'inizio del secolo scorso, e lentamente si entra nella trama e si finisce col vivere le passioni, i pensieri, le considerazioni che costellano la vita di "Eugenio" (ma esiste? È presente nel libro?) e di chi ne fa parte.

Leggerlo è un piacere anche perché veloce e mai ridondante e porta a pensare che forse sarebbe bello entrare a far parte della storia raccontata non solo da spettatori, ma anche da protagonisti.

8 settembre 2021

Postille a EUGENIO (Venezia Lido, Supernova, 2021)

 


PERSONAGGI PRINCIPALI DEL ROMANZO

 

Domenico Domenici = personaggio «senza qualità», un maturo impiegato che svolge senza entusiasmo il suo lavoro e, allo stesso tempo, affermato scrittore visionario dalle ambigue trame, depositario di anacronistici miti romantici.

 

Fritz Dahl → Gianfranco Tafuro = figura evanescente, una sorta di ossessione ritornante al modo dello spettro de Il fauno di marmo di Nathaniel Hawthorne, enigmaticamente legato al passato di Domenici.

 

Fabrizio Lombardi = giovanissimo cameriere, brillante e seduttivo.

 

Diego Tozzi = amico e confidente di Domenici.

 

Eugenio Altobelli = venticinquenne dai lineamenti efebici.

 

Hermann Schleppfus = giovane poeta svizzero ma residente da molti anni in Italia, dal fascino ambiguo e di dubbia reputazione.

 

Angela Albrizzi = amica psicoanalista di Domenici.

 

Narratore = assonanza vagamente proustiana, la sua identità verrà svelata alla fine del libro.

 

 

LUOGHI

 

I fatti si svolgono all’interno di un locale, «Caffè Hackert», nonché in località balneari del Lazio e in una sorta di Graeca urbs, città meridionale imprecisata e in parte a Napoli (e Venezia?).

 25 agosto 2018

***

 

«Ne La modificazione [di Michel Butor]», ed è una caratteristica del romanzo moderno, il racconto non corrisponde ad un resoconto fedele degli avvenimenti ma all’invenzione di situazioni create dall’immaginazione di un personaggio o del narratore» (Bernard Vallette).

 

Mi piace fare una narrativa ottocentesca, cioè ispirandomi ai prosatori italiani (essendo io un autore in lingua italiana) della nostra migliore tradizione: Nievo, De Roberto, Tarchetti, Gualdo, Dossi, Boito, lo stesso Tommaseo, al netto ovviamente di Manzoni e Leopardi, sempre imprescindibili. Naturalmente non intendo con ciò protestare contro la sciatteria linguistica e concettuale dominante anche da parte di tanta produzione «letteraria» contemporanea: sarebbe una protesta inadeguata, inutile, sterile. È invece il mio modo di reagire, soprattutto in termini espressivi, a tale stato di cose, andando controcorrente. Lo stesso discorso vale per la poesia.

4 agosto 2019

 

Anche in Eugenio, come in Kierkegaard, c’è seduzione (da parte di Domenico nei confronti di Eugenio) e poi abbandono. Con la differenza che avviene il contrario nella situazione Fabrizio-Domenico: è Fabrizio che lo seduce e poi lo abbandona; per non parlare di Gianfranco Tafuro, pervasivamente assente nella vita, presente nella memoria di Domenico. Tuttavia c’è da considerare che il vero narratore è Fabrizio, come si scopre alla fine: dunque Fabrizio seduce e poi, invece di abbandonare, racconta. Qui l’abbandono è declinato nel senso del racconto.

.       Il romanzo è anche una riscrittura in chiave parodica de La morte a Venezia: Domenici, diversamente da Aschenbach, entra in rapporto col suo idolo e non muore, bensì è sopraffatto dalla narrazione di Fabrizio.

Gaeta, 5 agosto 2019

 

          Questo romanzo è bellissimo.

6 agosto 2019

 

          C’è da una parte la celebrazione della parola – enfatica, romantica, dannunziana qua e là -, dall’altra la consapevolezza di come la parola sia inadeguata (la comunicazione tra il protagonista e Fabrizio è fatta più di sguardi e linguaggio del corpo che non di parole).

         Storia bugiarda (altro titolo possibile, morantiano). Il romanzo ruota intorno a Fabrizio: un amore infelice, perché non va a buon fine. Il titolo è fuorviante, allude leopardianamente alla questione dei romanzi scritti dai poeti, al netto di percorsi secondari (Gianfranco, Eugenio o altri) pure coinvolgenti ma che la narrazione in finale esclude.

17 agosto 2019

 

- Altro dialogo tra Diego e Domenico nell’acqua marina: si parla delle avventure effimere, Domenico dice che a lungo andare, specialmente alla sua età, pure queste diventano stucchevoli, ripetitive ecc. E d’altra parte Domenico non crede che le storie d’amore possano durare più di due o tre mesi.

 

- Nicola? (Nicola → Eugenio?).

 

     Niente in Eugenio è certo. Dell’esistenza di ciascun personaggio si dubita, nessuna azione, nessun dialogo, nessun luogo è incontrovertibilmente accertato. Nessun amore è esistente, nessun rapporto sessuale è assodato. Esiste una trama, ma è tutta un’invenzione di uno dei personaggi (Fabrizio, il cameriere, che non è mai narratore se non nell’epilogo).

Risulta quindi che tutto è stato inventato sulla base di indizi da lui raccolti, di elementi di cui è venuto a conoscenza e che ha arbitrariamente assemblato.

21 agosto 2019

 

       Che miracolo è stato scrivere questo romanzo, quali combinazioni astruse di realtà e immaginazione l’hanno ispirato, quali contaminazioni autobiografiche tra passato e presente! Ma editorialmente è tutto fermo; ci mancava l’emergenza per il coronavirus a renderne ora difficile e per taluni aspetti quasi impossibile la pubblicazione.

10 aprile 2020

 

È una riscrittura de La morte a Venezia.

          C’è del Moravia, del Proust.

          Il titolo è un omaggio a Leopardi.

          Anche è una struttura narrativa che riflette su se stessa.

30 agosto 2020

 

        È un gioco a intarsi, un enigma che deve essere precisato. C’è una parentela con una specifica tradizione letteraria, non solo Leopardi e Kierkegaard, citati nel testo, ma anche con Adolphe di Benjamin Constant: Domenico sta a Eugenio (e sue adiacenze) come Adolphe sta a Ellénore. Non esiste soluzione di continuità, per Adolphe, tra presenza e assenza di Ellénore, il sentimento romantico si eleva fino a costituirsi come l’unica realtà totalizzante del romanzo. In Eugenio analogamente è Gianfranco Tafuro il presente/assente.

          In realtà Constant distrugge totalmente il sentimento romantico, perché Adolphe è Anna Lindsay e Ellénore è Benjamin Constant (sarà proprio lui a confessarlo a Juliette Récamier). Chi abbandona nella realtà non è dunque Constant ma la Lindsay (e sue adiacenze, tra cui Charlotte von Hardenberg). Come Adolphe ha capovolto tutte le premesse autobiografiche di Constant, il vero narratore di Eugenio è Fabrizio e non Domenico. Chi vuole abbandonare è, kierkegaardianamente, Eugenio e non Domenico, che invece si dibatte nell’affanno amoroso.

          In questo romanzo tutto acccade e non accade, c’è una rappresentazione realistica – la ricostruibilità di una trama – ma allo stesso tempo ci sono elementi che la sovrastano, una realtà ulteriore, o parallela, che si insinua nel racconto degli avvenimenti.

13   ottobre 2020

 

Sono presenti i bar come in Penses-tu réussir! di Jean de Tinan:

«n’avait rien d’autre à faire que se cultiver, écrire, traîner dans les bars avec ses amis et séduir les filles» (Anna Rozen).

25 ottobre 2020

 

       «è caratteristica del romanzo modernista di narrare in modo non convenzionale, lasciando, per esempio, ampio spazio all’interpretazione e alla capacità di scavo del lettore. Al punto che non è raro vedere come al di là della trama di superficie narrata da un romanzo ne emergano un’altra o più altre che il romanzo stesso contiene in se stesso a un livello più profondo o, diciamo così, a un secondo o terzo grado di articolazione» (Luca Crescenzi).

 

          Qual è il sottotesto contenuto nella trama di superficie?

 

          Prima parte

          Tra Gianfranco e Domenico c’è stato un solo bacio, molto tempo prima.

          C’è un’aura dostoevskijana all’inizio.

          Elementi libertini da pamphlet del Settecento, che ruota intorno a Fabrizio.

          Testo parecchio hard.

          Il romanzo inizia d’estate.

          Matrice/spunti kierkegaardiani.

          Divertissement intellettuale.

         

Seconda parte

L’amore mentale come un personaggio dell’intreccio.

È un gioco intellettuale sofisticato.

La centralità è data dalla storia con Eugenio, come indica il titolo.

Ribalta la prima parte, fino allo svelamento finale.

Eugenio è sedotto e poi respinto, come in Kierkegaard. È stata tutta un’invenzione di Fabrizio Lombardi.

2 gennaio 2021

 

Libro onirico, quasi nulla vi accade realmente, nessun fatto narrato è certo, le forze attanziali si sovrappongono l’una sull’altra a cominciare dai narratori che si alternano fino all’epilogo. Ma proprio per questo, paradossalmente in questo romanzo niente è inventato, i personaggi sono tutti reali, le storie d’amore tutte vere, la vita vi è celebrata nella sua eterna vicenda – che, daccapo, non può che essere d’amore – e d’amore romantico – nell’eterno superamento di se stessa. Nel momento in cui sembra contraddetta, infatti, dall’episodio successivo, la trama di Eugenio -  romanzo leopardiano, alludendo a un disegno letterario del Recanatese, mai da lui realizzato in compimento unitario – depista il lettore e insieme lo sfida a individuare dove sussista il vero fulcro della narrazione, e ciò accade perché uno dei personaggi ha arbitrariamente assemblato le pagine in una sua interpretazione tanto univoca quanto soggettiva.

2 gennaio 2021

 

Ci sono false narrazioni e sovrapposizioni, simulacri di personaggi e la sua apertura come opera («aperta») ne fa un romanzo-enigma. Soprattutto del vero narratore, che nel suo (doppio) finale si rivela come uno dei personaggi dell’intreccio.

16 luglio 2021

 

Ho riletto tutto il libro pubblicato. Mi è parso una sorta di pamphlet illuministico, un testo libertino, e anche una narrazione romantica. Un romanzo scapigliato, tardo-romantico, ottocentesco, e infatti alcuni stilemi li ho riprodotti proprio sull’esempio della letteratura ottocentesca. Non per niente il titolo Eugenio allude a un disegno di Leopardi.

Naturalmente non è un romanzo ottocentesco, anche perché le mie libertà strutturali e contenutistiche non si usavano all’epoca.

19 luglio 2021

 

Quanto si trova in un romanzo pubblicato oggi, è ciò che lo scrittore dice riguardo all’oggi.

29 agosto 2021

 

Felici i tempi in cui scrivevo Eugenio, finito il 4 maggio 2019! Prima della pandemia, che di lì a poco – e chi se lo sarebbe mai aspettato – sarebbe esplosa e tuttora è in corso, tuttora impossibili presentazioni in presenza.

Quasi un manifesto d’estetismo.

È stato un miracolo, ne trassi forza, per scriverlo, dalla prosa di Defending Bosie.

8       settembre 2021

 

- Il mio ultimo romanzo Eugenio, diverso dai precedenti (Ti scrivo brevemente…; Defending Bosie che pur è un romanzo). Qui la dialettica presente/reale.

 

Nuova letteratura odierna

Contiene una riflessione sui destini del romanzo, partendo da un «Eugenio leopardiano congetturale».

La tensione letteraria in alcuni momenti è molto alta.

Narrazione menzognera: doppia sorpresa finale sull’identità del vero narratore-affabulatore.

Dialettica dato presente/dato reale.

 

Narrazione menzognera, Morante presente nel metatesto.

9 settembre 2021

 

         Mi gratificava l’immagine di me che mi veniva rimandata, mi gratificava il dattiloscritto che andava accrescendosi, mi divertivo, mi crucciavo, insomma ero felice. Può darsi che questa felicità o divertimento passi al lettore; penso di sì, mi è anche stato detto. Eugenio è stato scritto in un momento di grazia.

Ho combinato varie mie situazioni di vita, anche del passato, con la fantasia.

16 novembre 2021

 

          A è molto intrigato da B col quale ha un momento di intimità. Ma sullo sfondo c’è sempre l’irraggiungibile C. A un certo punto A incontra D, col quale imbastisce una storia. Si scopre poi che con C c’era sempre stato un rapporto. Ma tutta la storia è raccontata da B, che ha architettato tutta la narrazione.

          E tuttavia, l’epilogo si conclude con le parole:

«E apro gli occhi, ed era stato un bellissimo sogno».

Ciò può smentire l’ultimo dato dichiarato: se è stato un sogno, non è realtà e cioè non è più B il narratore.

Per la particolarità evanescente del personaggio, è aperta l’ipotesi del narratore C: infatti, precedentemente nell’epilogo, si afferma:

«io dico che la clandestinità della loro relazione è la chiave risolutiva dell’intrigo».

Chi lo dice? Non già B, per via dell’espressione:

«E apro gli occhi, ed era stato un bellissimo sogno».

Ma chi è a dirlo? Non già B, mentre A è da escludere programmaticamente, altrimenti il senso della narrazione sarebbe quello di un cane che si morde inutilmente la coda e perciò, tenuto conto dell’intera vicenda, non restano che… non resta che (se si parla di clandestinità, ci si arriva per deduzione logica) C.

12 novembre 2022

 

È la testimonianza musivamente costruita della mia passione per ***, rivisto ieri.

16 giugno 2024

 

 

 

 

 

 


martedì 11 giugno 2024

Recensione di Giuseppe Ligresti a INTRIGO


 

"Giornata dionisiaca, giornata di modesto stravizio", ecco cosa ci propone in questo Intrigo Sandro De Fazi.

Racconti che si intersecano con l'amore (anche se "l'amore non è bisogno di possesso, ma un blando rivelarsi del mondo, per il quale si rinunzia al possesso dell'amata/o" - come scriveva Musil) alla letteratura ("quella pagina letteraria che debba sapere d'uomo, di umano, senza neppure escludere una certa crepuscolare mediocrità della vita quotidiana, imprescindibile misura dell'umano", perché in fondo "la letteratura non c'entra proprio niente con la vita, col mare orrido della realtà e della sua accidentalità per cui o ti è toccata una vita oppure un'altra, l'una vale l'altra e ogni giorno" ci si deve calare "nel quotidiano più focomelico").

Una lettura erotica anche se intellettualizzata, si passa dalle indagini per un professore scomparso alle indagini interiori di "Liala", tra le serate "oscene" di una qualsiasi giornata estiva trascorsa in una località balneare - "sbavando" su un Tadzio di passaggio - ad una complicità con ragazzi, ragazze trovate nelle notti, in quei ritagli antelucani dove piace abbeverarsi, ai visi narcotizzati, ai desideri non appagati, alla comune redenzione, alla soddisfazione per l'atto compiuto.

Risalta agli occhi questo "Io" che sembra un azzardo, come scrive lo stesso autore: "Non si dovrebbe scrivere quando un movente sentimentale è in corso, quando un affetto è prepotentemente biografia, vita dell'io", ma che si rivelerà un successo.

Lui difatti ne prende le distanze, autore e narratore si mescolano, si affrontano, si annullano, si disintegrano, lo spazio ed il tempo si fondono; si ritorna in una biblioteca, là dove il viaggio è iniziato, con una linearità "accattivante", a Calai come con Ascanio Alibrandi, passando per Donatello Milesi, per Marino il bagnino, Naso Fallico, Incasso, Marco Grandi, Fiorenzo Macchione, Luca o Marcus, "ovunque si può contemplare la bellezza e dedicarle versi osceni".