mercoledì 22 novembre 2023
Recensione di Stefania Bergamini a INTRIGO
"I libri
andrebbero scritti unicamente per dire cose che non si oserebbe confidare a
nessuno."
E.M. Cioran, L'inconveniente di essere nati.
Questa citazione nel capitolo "Intrigo. Frammento di vita contemporanea”, insieme al tema del "Desiderio", potrebbe essere il filo conduttore di Intrigo, la nuova opera di Sandro De Fazi.
Cito Baudelaire: "Celui qui regarde du dehors à travers une fenêtre ouverte, ne voit jamais autant de choses que celui qui regarde une fenêtre fermée."
“Chi guarda stando fuori da una finestra aperta non vede mai tante cose quanto colui che guarda una finestra chiusa.”
Desiderio
inappagato e per questo tormentato e illusorio.
Desiderio
desiderato se leggiamo il capitolo “Degrado estasiato”:
"Forse lo sa
anche lui.
Del resto non so
chi sia.
So di lui
pochissimo".
Capitolo bellissimo
in cui l'io narrante fa riferimento a Sexy,
di Joyce Carol Oates riletto dopo anni e rimanendo deluso da questa rilettura
avendo la sensazione di una trama modificata dal tempo trascorso e nel suo
rielaborare il testo.
Il desiderio
appagato, quindi non più desiderio ma, andando a Kierkegaard, che apre il
capitolo “La scatola”:
"I grandi
amanti, coloro nei quali l'amore ha bagliori di appassionata bellezza, non
sono, di solito, coniugati."
Remo Cantoni, Kierkegaard e la vita etica.
E, nel Diario di un seduttore, Johannes è un
fautore del desiderio non appagato, appena si realizza perde interesse per
l'amata e fugge, provocando dolore e disperazione.
"Soffriva di
una specie di eccitazione mentale, per cui la realtà non bastava a stimolarlo
se non sporadicamente"
Intrigo, di Sandro De
Fazi, è esattamente il "Desiderio" cerebrale e fisico, giocare assieme
con i rimandi letterari, le seduzioni proibite, i pensieri sull'altro che sono
sguardi infiniti, un gioco che avvicina le fantasie fatalmente immorali a
un'inspiegabile ansia, una inattesa malcelata inquietudine, come un'impressione
inesprimibile di un ritrarsi ombroso e raffinatamente kierkegaardiano.
Poi c'è il
desiderio appagato che porta il lettore a considerare l'inevitabile vicinanza
tra il non esaudire e l'esaudire .
A mio parere
un'opera raffinata e coinvolgente per la trama, i riferimenti letterari, il
detto e non detto, il fatto e non fatto, il vero e il non vero che attrae il
lettore portandolo all'interno di un cerchio che non ha un inizio e non ha una
fine.
Stefania
Bergamini
21 novembre
2023
venerdì 10 novembre 2023
Recensione di Andrea Rossetti a EUGENIO (2 ottobre 2021)
In questo romanzo - Eugenio - che si offre all'apparenza come una sorta di intimo diario erotico, perso in un intricato fil rouge che va da Kierkegaard a Dario Bellezza (ma a mio parere anche a Tondelli e, andando oltreoceano, a David Leavitt), Sandro De Fazi mi ha fatto pensare soprattutto al mio amatissimo Pirandello, un Pirandello meno razionalmente paradossale e più morbido, direi addirittura giocoso, giacché la domanda di fondo che incombe fin da subito sul racconto è: chi ha scritto e cosa?
In fondo Eugenio è anche un thriller, come ogni meta-narrazione che si rispetti.
Da leggere.
(Andrea Rossetti, 2 ottobre 2021)
sabato 4 novembre 2023
mercoledì 1 novembre 2023
domenica 15 ottobre 2023
L’ULTIMO VIAGGIO DI WERNER MÜDE di Andrea Rossetti. Una recensione
Guido Valderani raccoglie le ultime lettere dell’amico Werner Müde a lui
indirizzate prima che questi si rechi in Svizzera per il suicidio assistito,
dopo aver scoperto non ancora quarantenne di avere l’Alzheimer. L’ultimo viaggio di Werner Müde (Giacovelli
Editore, 2023) di Andrea Rossetti potrebbe apparire come la riscrittura sapiente
e originale, ai giorni nostri, del capolavoro foscoliano. Werner va perdendosi
in viaggi da Lisbona a Roma, da Palermo a Selinunte a Capri (proprio a Villa
Lysis), da Firenze a Lucca a Milano, da Bologna a Ferrara a Zurigo. Quello di Rossetti
è un romanzo epistolare dai motivi fortemente romantici e felicemente
anacronistici, e allo stesso tempo è una professione di poetica e un atto eroico
di resistenza estetica, nonché etica.
Werner indirizza unilateralmente a Guido il suo romanzo epistolare, nel
senso che non conosciamo le eventuali risposte dell’altro e qui il pensiero al
Foscolo dell’Ortis si impone
obbligatoriamente, stabilendosi un’indubbia analogia tra Werner Müde-Jacopo Ortis
e Guido Valderani-Lorenzo Alderani nella memoria del lettore. In appendice Guido
riporta il testo di un dialogo avvenuto in chat
tra Werner e Chiara, facente funzione di Teresa. Personalmente sento più vicino,
però, detto questo, il romanzo di Rossetti non tanto all’Ortis bensì, ma al Sesto tomo
dell’io del Foscolo, anche se i primi cinque tomi non furono mai scritti da
Niccolò Ugo (cfr. Edizioni Croce 2019, con una dottissima introduzione e a cura
di Maria Serena Sapegno), per la molteplicità delle tematiche affrontate. Il romanzo
di Andrea Rossetti può essere benissimo Il
settimo tomo dell’io della letteratura italiana nel contesto europeo per la
sua tonalità picaresca, l’estetismo assoluto che fa venire in mente Joris-Karl
Huysmans. E va aggiunto, a questo proposito, che prima di Andrea è esistito in
Italia un altro Rossetti, esattamente il napoletano Gabriele Rossetti (1783-1854)
autore di libretti d’opera e scritti danteschi tra cui Beatrice di Dante (Londra, 1842; Imola, 1935), e poeta in proprio
(in Arcadia aveva il nome di Filidauro Labidiense).
Per vero si tratta di e-mail e di
messaggi che hanno avuto luogo in chat:
il nostro tempo non concede l’uso di penna e calamaio, anche se mi risulta che
l’autore neppure disdegni tale pratica. Parliamo di una prosa lirico-narrativa
di altissimo livello in forma epistolare-wertheriana post-moderna (e-mail di un solo personaggio fondamentalmente
a un solo destinatario, anche se Chiara è ricorrente nel testo). Rossetti ci
sfida quando fa dire al suo personaggio: «è la vita il vero capolavoro del genio,
quella vita della quale le sue opere non sono che sinceri, ambigui e reticenti
testimoni della difesa. La fede senza le opere è muta ma le opere senza la fede
straparlano» (p. 35). Rossetti realizza un vero momento di impegno civile nel
quale l’identità della critica al presente – al politically correct, alla sua degenerazione nella cancel culture che ci affligge fino al
paradosso di danneggiare con tante buone intenzioni proprio i diritti egualitari
e inclusivi che ne costituivano le premesse necessarie, fino, per intenderci, implicitamente
e come conseguenza logica, alla neo-chiesa liberal-progressista di Bergoglio - è
ben precisa e anche il suo ruolo: «Siamo immersi nell’infinita chiacchiera,
siamo in pieno pianerottolo globale, tra falsi profeti, finti scoop, segreti di
Pulcinella svelati, menzogne, idiozie e, soprattutto, opinioni irrilevanti» (p.
37).
Ma su tutto e tutti primeggia, superbamente intangibile, Chiara. La
passione d’amore di Werner è un tutt’uno con quella letteraria, il romanzo di
Rossetti è anche un breviario poetico-esistenziale: Chiara è un amore non troppo
virtualmente diverso da come avrebbe, per la sua portata simbolica, potuto essere l’amore
di Dante per Beatrice. «Fui almeno, fra tanti falsi mancanti, un vero assente» (p.
178) è la frase che Guido Valderani ci riporta nella sua nota finale a chi
legge.
lunedì 9 ottobre 2023
Recensione di Andrea Rossetti a INTRIGO
Quando
leggo un libro di Sandro De Fazi - e li ho letti quasi tutti - do per scontato
sin da principio che qualcosa mi sorprenderà, perché la cifra della sua
scrittura è sempre l’inganno elegante, che io amo definire l’abuso estetico
della digressione. De Fazi usa infatti la digressione in modo a dir poco
mirabile, così da fuorviare, in una sorta di vergiliato malizioso, il lettore,
senza sottrarsi al coinvolgimento diretto, cosicché leggere un romanzo, un
saggio, un racconto, una poesia di Sandro De Fazi comporta l’onere e l’onore di
una passeggiata, nel senso più walseriano del termine, sottobraccio all’autore.
In
questo Intrigo che, come il Decameron, è un romanzo di racconti, si
viene subito fuorviati, anzi è forse più appropriato dire confusi: Intrigo è un titolo hitchcockiano, fa
pensare a un complotto, a un mistero; ma Intrigo
significa anche attrazione, complicazione, imbarazzo. Ebbene De Fazi gioca
magistralmente col lettore portandolo infatti a credere ciò che vuole e a
volere ciò in cui non crede.
In
realtà, questo romanzo di racconti è un intrigo tanto nel senso del labirinto
che del mosaico.
L’etimologia,
controversa e misteriosa, della parola labirinto ci offre ricchi spunti di
riflessione. Una prima interpretazione sembra ricondurre la parola al greco λαβύρινθος, usato nella
mitologia per indicare il labirinto di Cnosso; la parola trae la sua
derivazione dal lidio labrys =
bipenne, l’ascia a due lame, simbolo del potere reale a Creta. In effetti, il
libro di De Fazi è un luogo complesso, nel quale il racconto viene sezionato e
direi quasi disorientato dalla ricerca potente e regale della propria
prescritta e fatale unità (come l’ascia bipenne, alla quale le due lame,
sebbene a sé stanti, comunque appartengono). Credo tuttavia che non si debba
dimenticare in questo caso anche un’etimologia più complessa e magari
discutibile, quella cioè che connette λαμβάνω, prendo, e ρινάω, inganno, ovvero “vengo ingannato”. Sandro De Fazi,
maestro della digressione come l’ho definito a suo tempo, non può non essere
anche un grande ingannatore. Ed è proprio qui, nell’al di là di un tempo
giocosamente intrecciato nel romanzo, che ci soccorre l’altro concetto che ho
prima evocato: il mosaico. Intrigo ci
sfida da labirinto, nel corpo a corpo, come Gamiani
di Alfred de Musset (non a caso opera attribuita con certezza al suo autore ma
da lui mai firmata), e ci incanta come mosaico, nella distanza spirituale di
una contemplazione estatica d'insieme.
In
definitiva, De Fazi ci racconta sfacciatamente l’eros solo per dircene
manzonianamente “il sugo”, per digredire da par suo in un incantevole e non di
rado amaro saggio sull’amore.
Andrea Rossetti
Palermo, 9 ottobre 2023
mercoledì 20 settembre 2023
Gianni Vattimo (4 gennaio 1936-19 settembre 2023)
Mi spiace molto. Speravo che non accadesse così presto. Mi è capitato di parlare con lui a Caserta, molti anni fa ormai: un dialogo così autentico, nel senso che si parlava - parlavo - ma le parole non contavano - con lui secondo la vera filosofia, come dire, cioè senza alcuna sovrastruttura pur dall'alto della sua statura e, penso, proprio in ragione di quella. Non era umanamente distante. Tutt'altro. Ebbi qualche scambio di e-mail qualche tempo dopo. Ne ho un bel ricordo, dal quale c'è tuttora da attingere, soprattutto ora riguardo al 《debolismo》 che qui si cita. Un grave lutto per la cultura internazionale.
Sit tibi terra levis.❤
sabato 29 luglio 2023
Un ricordo di Danila Comastri Montanari
Danila Comastri Montanari, In corpore sano, Hobby & Work 1999, p. 11.
- Sono molti i gialli storici di Danila Comastri Montanari che hanno per protagonista il senatore Publio Aurelio Stazio, una sorta di dandy ante litteram che si aggira in età giulio-claudia a indagare sui delitti più vari, trovando in modo intelligente e con ironia soluzioni imprevedibili.
Una ricostruzione ambientale così precisa da meritare di essere accostata a Ugo Emilio Paoli e al Mommsen, da Dura lex a Morituri te salutant, da Spes ultima dea a Tabula rasa, e così via.
Godibili le vicende in se stesse, ma soprattutto coinvolgente la full immersion nella Roma post-augustea, tratteggiata con estrema cura e maestria anche nei piccoli particolari.
Va pure ricordato Terrore, ambientato negli anni immediatamente successivi alla rivoluzione francese.
Spiace molto per questa perdita. Non ho mai avuto il piacere di incontrarla di persona, ma mi è accaduto di interagire con lei in privato su Facebook, trovandola sempre gentile e arguta. La divertiva come distruggessi certi mostri sacri nel mio blog, e questa constatazione non nascondo che divertisse anche me.
sabato 17 giugno 2023
venerdì 19 maggio 2023
Per Helmut Berger (29 maggio 1944-18 maggio 2023)
Le succubi
che avevano
strappato
la
vita
fuori di lui
per il quale affronto
un urlo di
protesta
cominciò a formarsi
ma
non
volle
scaturire
Che volgarità
dover morire
come ogni altro
piccoli pugni
batterono sul finestrino rapidamente appannato
del treno in movimento
mentre rinunciava alla vita
che non possedeva più
(Poesia di Thomas Horsa, in Una romantica donna inglese di Thomas Wiseman, trad. it. di Bruno Oddera, BUR 1987, p. 246)
martedì 16 maggio 2023
Tesi di laurea del Pascoli
Appunto del 20 maggio 2022
《Il cinismo di Fulvio. Il rapporto andava decadendo. Lui era una circospetta faina dall'aria angelicata.》
Comunicazione sociale
Con l'avvento dei social le possibilità comunicative si sono accentuate in termini di reperibilità degli interlocutori da una parte, dall'altra la comunicazione sociale si è impoverita.
Tanto ci si attiene all'hic et nunc del discorso-seno istantaneo, e ci si soddisfa del seno in modo consumistico, per non parlare del non-senso, che finiscono per emergere il non-seno e il non-senso come momenti terminali e frustranti delle potenzialità precedenti, distruggendole.
In definitiva, i social sono più distruttivi che costruttivi.
domenica 14 maggio 2023
Nuovo libro (racconti)
Ho firmato un contratto per una raccolta di racconti con Il seme bianco (Readaction).
Della serie: un cece in bocca non me lo so tenere.... Ma è che ci tengo particolarmente a questa mia nuova opera narrativa, quindi dopo aver avvisato alcuni amici diffondo la notizia anche urbi et orbi!
(10 maggio 2023)
venerdì 21 aprile 2023
-
Nel 18 a.C. viene approvata, su proposta di Augusto, la lex Iulia de adulteriis coercendis : una legge fondamentale, la cui importanza ne...
-
Camillo Miola, L'oracolo (1880) Fabularum Phaedri – Liber Primus – Lupus et agnus Ad rivum eundem lupus et agnus venerant...
-
Accostandoci a questa raccolta, proprio come accadeva nei banchetti di Roma antica, siamo invitati a combattere contro la morte. Non esito ...