venerdì 5 gennaio 2018

Della rivoluzione informatica è innegabile l'utilità. Sono invece in una fase scettica riguardo ai social.
A che servono? Sono il trionfo del narcisismo, dell'autoreferenzialità. Sui social sono tutti divi e nessuno è divo. Inoltre creano dipendenza, così non c'è più il soffermarsi a lungo nella lettura di un libro, se si va in un museo invece di contemplare l'arte si scattano fotografie, se si sta in compagnia spesso ugualmente si fanno foto finanche ai cibi e alle bevande, se si fa un viaggio non ci si comporta altrimenti che immortalando in tempo reale i momenti ritenuti salienti, e che risultano immediatamente virtuali.
Anche corteggiare qualcuno significava una volta avere il coraggio della realtà, implicava l'emozione di una risposta, il rischio di un rifiuto, la magia imprescindibile della vittoria. Ora, al contrario, si azzerano tutte le esperienze e i rapporti, per la loro sovrabbondanza virtuale.
Tutta questa enorme quantità di informazioni equivale a nessuna informazione, tutti questi contatti non corrispondono ad alcun contatto, brancoliamo nell'oscurità ricordando inutilmente un passato dove la vita era la vita e non il suo surrogato virtuale.
E in questo contesto non avrebbe più senso scrivere lettere.
Forse assistiamo al definitivo tramonto dell'Occidente.
Come ne usciremo?

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