Della rivoluzione informatica è innegabile l'utilità. Sono invece in una
fase scettica riguardo ai social.
A che servono? Sono il trionfo del narcisismo, dell'autoreferenzialità. Sui
social sono tutti divi e nessuno è divo. Inoltre creano dipendenza, così non
c'è più il soffermarsi a lungo nella lettura di un libro, se si va in un museo
invece di contemplare l'arte si scattano fotografie, se si sta in compagnia
spesso ugualmente si fanno foto finanche ai cibi e alle bevande, se si fa
un viaggio non ci si comporta altrimenti che immortalando in tempo reale i
momenti ritenuti salienti, e che risultano immediatamente virtuali.
Anche corteggiare qualcuno significava una volta avere il coraggio della
realtà, implicava l'emozione di una risposta, il rischio di un rifiuto, la
magia imprescindibile della vittoria. Ora, al contrario, si azzerano tutte le
esperienze e i rapporti, per la loro sovrabbondanza virtuale.
Tutta questa enorme quantità di informazioni equivale a nessuna
informazione, tutti questi contatti non corrispondono ad alcun contatto,
brancoliamo nell'oscurità ricordando inutilmente un passato dove la vita era la
vita e non il suo surrogato virtuale.
E in questo contesto non avrebbe più senso scrivere lettere.
Forse assistiamo al definitivo tramonto dell'Occidente.
Come ne usciremo?
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