La repubblica è
finita in una pace violenta. Stanchi delle guerre civili, i romani non hanno protestato.
Sul piano culturale una folta schiera di intellettuali arriva a Roma per sostenere
la rivoluzione. Ne vengono a loro volta sostenuti e ricompensati fino in fondo,
tranne Cornelio Gallo e Ovidio. Cilnio Mecenate è capace di raccogliere intorno a sé i migliori scrittori dell’epoca, non tutti
di fama uguale ma tutti di origine provinciale: Virgilio viene da Mantova, Orazio
da Venosa, Gallo da Forum Iulii, l’attuale
Fréjus, nella Gallia Narbonese, Tibullo da Tivoli, Properzio da Assisi, Ovidio (che
fa intanto un personale doppio gioco con la fronda di Valerio Messalla Corvino)
da Sulmona, Tito Livio da Padova.
Messalla Corvino e Asinio Pollione organizzano i due rispettivi
circoli in apparenza alternativi, in realtà funzionali al regime. Tuttavia proprio
Virgilio e Orazio, i massimi rappresentanti della poesia latina classica, vanno
di rado a corte preferendo restarsene nelle loro ville in splendido isolamento.
Virgilio sta più a Napoli e in Sicilia che a Roma, Orazio negli ultimi tempi
sarà ossessionato nevroticamente dal putiferio della capitale. Orazio, dopo aver
militato nelle fila di Bruto e Cassio, passa dall’altra parte come se niente fosse.
Vero esempio di onestà intellettuale, Virgilio non si fa scrupolo a espungere
dal IV libro delle Georgiche l’elogio
a Cornelio Gallo, nel frattempo caduto in disgrazia dell’imperatore, che lo invita
alla damnatio memoriae dell’amico
comune. Il Mantovano lo sostituisce in quattro e quattr'otto col mito di Orfeo.
Quale autore sacrifica 200 versi della sua opera per compiacere qualcuno? Virgilio
lo fa.
Il suicidio di Cornelio Gallo avviene nel 26, le Georgiche sono già state terminate nel
30, pubblicate nel 29 o nel 29 sicuramente lette a corte. Di origine sociale modesta,
Gallo è stato amico di Ottaviano fin da giovane, muore a soli quarantatre anni,
dopo essere salito ai vertici dell’amministrazione statale. Augusto l’ha mandato
al giudizio del senato con l’accusa di ribellione, probabilmente una calunnia,
Gallo è reo di aver ricoperto con successo la sua carica di prefetto in Egitto,
forse non lieve delitto, sufficiente a offuscare la gloria ottavianea. Virgilio
non solo tace ma abiura, Orazio tace del tutto. Di Gallo solo Properzio e Ovidio,
temerari, oseranno accennare in un rapido ricordo, di lui poeta novus sappiamo (dalla X egloga virgiliana) che cantò con gusto
alessandrino Licoride (nome fittizio per l’attrice Citeride, che l’aveva lasciato)
in quattro libri di distici elegiaci che non ci sono stati tramandati. Tibullo,
Properzio e lo stesso Ovidio devono la loro esistenza di poeti a lui, iniziatore
del genere. Con la morte di Gallo, nel 26 a. C., mentre Virgilio da tre anni ha
cominciato l’Eneide senza molta convinzione,
Augusto inaugura una prassi punitiva che precede la notte di Tomi e che i suoi successori
non si periteranno di applicare, come nel caso di Seneca e di Petronio. Che fine
abbia fatto l’elogio a Gallo, che intanto si era diffuso per tutta Roma negli
anni dal 29 al 26, non è dato sapere.
Nessun commento:
Posta un commento