È irrituale
recensire un vocabolario, e questa decisione verrà forse interpretata dal malevolo
lettore come una provocazione situazionista, considerando la produzione
letteraria italiana contemporanea. Che cosa invece ci ha spinti ieri a prendere
presso un ipermercato un piccolo dizionario latino-italiano italiano-latino?
Viene fatto di rispondere: pura bibliomania. Ma, a parte questo, pur
constatando che a casa mia non mancano vocabolari di latino e greco, mi ha
sedotto la sua ridotta, ma non piccolissima, mole materiale. Mi capita che
durante un viaggio più lungo portandomi dietro il computer ogni volta rinuncio
al vocabolario di latino, sia al Georges sia al Castiglioni-Mariotti
(impropriamente detto IL, come un articolo laddove si
tratta di una sigla per italiano-latino) semplicemente perché mi prenderebbero troppo spazio, e questa rinuncia è
fatta sempre malvolentieri, ma non mi fido dei vocabolari on line. La prossima
volta, invece, sarà più agevole questo piccolo Dizionario Latino di Rusconi Libri (2011).
Certo soltanto a uno studente poco motivato o ai principianti
(ma solo in una breve fase, per cui tanto vale passare subito ai grandi
dizionari) oppure a un esperto che si trovi in circostanze ambientali insolite
è lecito far uso di uno strumento come questo, dove dei vocaboli latini non
vengono riportate che poche parole tradotte, le aree semantiche non sono
suddivise, non si può consultare l’epoca del termine mancando la trascrizione
degli autori di riferimento, non si può distinguere l’espressione dialettale,
non c’è un minimo cenno di grammatica storica comparativa; viceversa, non
mancano i genitivi dei sostantivi né i paradigmi dei verbi. Del resto, come ha
scritto Rossana Valenti, «la didattica dell’antico non si identifica con
l’insegnamento di nozioni e saperi considerati anacronismi inutili, un corredo
mentale di cui la società ha deciso di fare a meno, ma è piuttosto la via
maestra, se non l’unica, per portare nel mondo nuovo le radici che ci hanno
alimentato, le parole ricche del senso che uomini saggi hanno tentato
d’infondervi, e che vogliamo ancora pronunciare e condividere, le idee che non
vogliamo smettere di pensare» (Il latino dentro e oltre la scuola. Memoria, identità, futuro, Loffredo 2011, p. 11).
Tornando alla motivazione iniziale,
mi viene in mente un aneddoto tramandato negli ambienti universitari napoletani
riguardante Benedetto Croce, notoriamente bibliomane il quale, essendogli stato
detto con ammirazione da una signora che lo aveva colto mentre frugava su una
bancarella di San Biagio dei Librai: “Maestro, vedo che si mantiene in
spirito…” (Croce non era laureato), rispose, alludendo al proprio carattere
ruvido:
“No, mi mantengo in aceto!”
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