Benvenuta di André Delvaux (1984) è stato visto pochissimo. Si tratta infatti di una rarità, di un film difficile, iperletterario, dalle significazioni strutturali aperte e con valenze mistiche interne a due storie d’amore che si intrecciano su due piani diversi. Non ha avuto riscontro massivo in Italia, nonostante le eccellenti interpretazioni.
Il giovane scrittore François (Mathieu Carrière) arriva nella vecchia città di Gand, in Fiandra, per incontrare Jeanne (Françoise Fabian), l’autrice di Benvenuta, un romanzo esaurito da quasi vent’anni dal quale vuole ricavare una sceneggiatura cinematografica. Jeanne, che fa venire in mente la Norma Desmond di Viale del tramonto, lo riceve a casa, dove vive isolata, ma rispetto al personaggio di Wilder è meno istrionica anche se ne intuiamo un’analoga miscela di grandezza e follia. Resta in piedi, con gli occhiali scuri, algida, distante, ascoltando il discorso di François sul progetto del film, poi capovolge le parole attribuite a Flaubert esclamando: «Benvenuta non sono io, mi dispiace!» Lo scrittore vuole fare colpo su di lei citando passi di autobiografie illustri contrabbandandoli per propri, rivelandole i particolari della propria infanzia e adolescenza difficili, presupposti della sua vocazione letteraria, ma la scrittrice smaschera il plagio e gli dice: «Mio piccolo François, ho letto Rilke anch’io». La storia di cui i due stanno parlando è in realtà raccontata attraverso dei flashback che rappresentano il romanzo scritto da Jeanne vent’anni prima.
La pianista Benvenuta (Fanny Ardant), dopo un concerto al consolato belga di Milano, conosce il maturo magistrato napoletano Livio (Vittorio Gassman), dai modi eleganti. Tra Benvenuta e Livio nasce un’attrazione, complicata dalla lontananza geografica. Lo raggiunge successivamente a Milano, stanno insieme per la prima volta in albergo. Alla stazione, lui le dice: «Eccoci condannati all’assenza adesso, condannati a scriverci».
Benvenuta confida la sua nuova relazione a Inge, l’amica con cui abita. La scrittura di Livio nelle lettere che seguiranno si rivelerà essere tutta un’accozzaglia di suggestioni dilettantesche, con rare perle: «Sapendo che tu eri nella via con lo sguardo levato, non puoi immaginare con quanta tenerezza ho acceso le luci sul mio cammino. Quasi segnali. Fiaccole di festa per salutarti giocondamente».
Tutto il film è incentrato sul rapporto tra Jeanne e François e, attraverso le analessi, tra Benvenuta e Livio, al punto che entrambi si attraggono attraverso la sceneggiatura di volta in volta concordata da François-Livio e Jeanne-Benvenuta. Il loro rapporto si va così approfondendo in una seduzione reciproca della realtà e della letteratura.
Jeanne esce con François, si lascia andare sempre di più, pur invitandolo a mantenere le distanze: «Mi accorgo che ho voglia improvvisamente di passeggiare, proprio qui con lei».
La storia d’amore tra Livio e Benvenuta conosce un drammatico momento di crisi: Federico, il figlio di Livio, ha un grave incidente correndo a Monza per la Ferrari. In preda alla disperazione, Livio fa un voto e promette di rinunciare alla carne, cioè all’amore per Benvenuta, in cambio della salvezza del figlio: «Nel disegno di Dio tutto è al suo posto come in un puzzle perfetto, basta saper trovare il pezzo giusto». Federico scampa miracolosamente alla morte, la preghiera di Livio è esaudita, anche secondo Benvenuta la vita del ragazzo è salva grazie a una «conferma clamorosa dell’amore». I due amanti cercano di non incontrarsi, per rispettare il voto. La pianista litiga con Inge, quest’ultima le fa notare che Livio la sta semplicemente lasciando.
François mostra a Jeanne le diapositive dei sopralluoghi che intanto ha fatto a Pompei per il film. Ormai la scrittrice ammette di essere Benvenuta.
Benvenuta e Livio, da parte loro, non hanno resistito e si sono rivisti, il voto è stato infranto. Inge fa un’indagine presso il vice-consolato e scopre che Livio è un professionista irreprensibile ma soffre di mania senile, il suo amore per Benvenuta non sarebbe che il frutto della sua attrazione maniacale per le donne giovani. Lei è furente, non ammette una tale ingerenza di Inge nella sua vita, non le perdona questa rivelazione, la loro amicizia è definitivamente guastata. Benvenuta e Livio sospendono la relazione per i sensi di colpa derivanti dall’accordo che hanno stipulato tra loro, continuando tuttavia ad amarsi come in uno «stato di orazione perpetua».
Jeanne si rivolge a François in stato d’estasi: «Sfido chiunque a dedicarti pensieri più precisi e più violenti dei miei». Benvenuta-Jeanne vive di vita propria, ricreata da François-Livio sulla base del romanzo di Jeanne.
La scrittrice parla di sé in terza persona, raggirando attraverso François il suo amore per Livio, in un monologo a due voci: «Era talmente raffinato il dolore, talmente eccessivo il godimento…»
«…Che niente potrà più impedire…»
«…Che cosa, François?»
«…Impedire che questo… sia accaduto tra te e me.»
«Lo sai? Credo che non sarò molto in forma domani».
Il diario che Benvenuta ha inviato per posta a Livio le viene rispedito: il destinatario è deceduto.
François torna, come ogni pomeriggio, a casa di Jeanne ma non risponde nessuno, entra dal giardino e la casa è deserta. La figlia della scrittrice lo informa al telefono che Jeanne è stata investita da una macchina, sta per entrare in sala operatoria.
Restano Benvenuta e François. Livio è morto e non si conosce il destino di Jeanne, l’esito dell’operazione è ancora ignoto. Benvenuta è restituita a François, Jeanne a Livio.
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