Moro aveva scritto: «Ritornando un momento indietro sul comportamento degli Stati, ricorderò gli scambi tra Brežnev e Pinochet, i molteplici scambi di spie, l’espulsione dei dissidenti dal territorio sovietico». Insinua Sciascia che “se Moro avesse scritto soltanto questa”, quel richiamarsi a sistemi politici autoritari nella prima lettera a Cossiga sarebbe stato l’equivalente di un incoraggiamento a non dar luogo alla trattativa, sia pur contraddetto da quanto scritto à la lettre. Dava e prendeva tempo, anche con frasi sibilline, illogiche, esoteriche come: «Penso che un preventivo passo della Santa Sede (o anche di altri? chi?) potrebbe essere utile». Mi ha sempre colpito l’ossessivo riferimento alle gravi difficoltà della famiglia, ricorrente nell'intero corpus epistolare. La famiglia Moro era tutt’altro che bisognosa; la parola “famiglia” usata con tale frequenza e drammaticità è un altro punto oscuro dell’affaire. Sciascia afferma che il vero messaggio da leggersi, almeno ed esclusivamente in quella prima lettera, è: «lo scambio, il sottostare al ricatto, è l’estrema linea da toccare; intanto prendete tempo, trattate in lungo – e trovatemi». Solo i socialisti osarono rompere il fronte statolatrico.
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