mercoledì 12 marzo 2025
I PIEDI DEL MONDO. COME LE SCARPE NIKE HANNO RIVOLUZIONATO L’IMMAGINARIO GLOBALE di Tommaso Ariemma. Una recensione
Che l’estetica abbia carattere filosofico e speculativo a differenza delle
poetiche che invece sono storiche (e mutevoli: romanticismo, naturalismo,
verismo) e prescrittive è un’ormai classica distinzione posta da Luigi Pareyson
nella sua teoria della performatività. L’importante è che l’artista operi,
perciò sul piano estetico le poetiche sono tutte ugualmente legittime. Ma se le
poetiche sono storiche e mutevoli, l’estetica si basa su un’altra storicità: quella
dell’unità fondamentale del pensiero filosofico. Siamo convinti che questo
discorso riguarda le belle lettere non meno delle belle arti, se solo si pensa
che il neoclassicismo nacque da Winckelmann per estendersi alla letteratura europea,
senza escludere le arti sviluppatesi da circa un paio di secoli a questa parte
o negli ultimi decenni. Tutto il
saggio intitolato I piedi del mondo
che ha come sottotitolo Come le scarpe
Nike hanno rivoluzionato l’immaginario globale (Luiss University Press,
2024) di Tommaso Ariemma parte dal seguente presupposto: il riferimento ellenico
a Atena Nike (leggendo il nome grecamente) come fondamento cui alludono le sneakers di marca Nike (leggendolo
all’americana) costituisce un momento se non di vittoria almeno di resistenza,
di vitalità, di libertà non senza qualcosa di furtivo, in termini di
sottrazione al destino dell’Occidente minacciato in primo luogo da sé, come la
cronaca di questi mesi e giorni ci insinua con inquietante insistenza.
Ariemma ha dato molti contributi alla pop filosofia e di estetica si occupa anche come docente. Questo, si potrebbe azzardare estremizzando, è in fondo un libro sulla morte o, meglio, sul senso di perdita del passato cui paradossalmente le nuove tecnologie ci spingono quando sembrano immortalare le nostre memorie e le nostre esperienze di vita, in quanto nessuna epoca ha mai avuto a disposizione tanti dati come la nostra, nessuna si rivela così effimera. Per Ariemma, se il mondo greco era unitario, quello attuale è contraddistinto da una dinamicità che pur vuol assurgere a unità, perciò ne vengono molteplici spunti iniziando da Martin Heidegger che analizzava le scarpe dipinte da van Gogh dando così dignità di analisi filosofica all’oggetto destinato a diventare iperoggetto, a Marshall McLuhan secondo il quale ciò che indossiamo è il medium più antico nel rapporto col mondo, sicché – scrive Ariemma - «non c’è, a rigore, un oggetto più “sintetico” di una scarpa, capace di riunire in sé ogni aspetto fondamentale del reale, operando così la più sorprendente delle sintesi tra piedi e mondo» (p. 27). Ancora il compianto Gianni Vattimo è convocato per le sue analisi della postmodernità, Werner Jaeger per la sua monumentale e imprescindibile Paideia. Di grande suggestione è il resoconto che l’autore ci fa del viaggio di Heidegger in Grecia nel 1962, lo stesso anno in cui vi si recò il ventiquattrenne Phil Knight, futuro fondatore del marchio (p. 48 e sgg). Quest’ultimo rimase molto colpito nel vedere, al museo dell’Acropoli, la statua di Atena Nike intenta a sistemarsi un sandalo, Heidegger da parte sua rimane affascinato dall’assenza nel Partenone della dea fuggita. Tale assenza finisce per essere se non una presenza quantomeno una traccia, heideggerianamente una traccia della traccia lasciata dalla dea che, insieme agli altri dèi, è fuggita. In quella circostanza a Knight venne in mente il nome Nike da dare alla sua azienda.
Non dubitiamo che l’outfit sia espressione di scelte culturali proprio nel rapporto col mondo, la moda appartiene a tale vicenda come nella famosa operetta morale leopardiana dove essa dialoga con la morte, sempre nell’avvicendarsi contestuale di éros e thánatos. Ma le parafilie studiate da Krafft-Ebing e da Wilhelm Stekel, in testi ormai peraltro datati, però non c’entrano molto, nemmeno l’esilarante Piedi. Pensieri per un feticista di Laura De Luca. Ci è capitato in passato di occuparci de Le regole del mio stile di Lapo Elkann, che è un vero manuale di antropologia della moda, e cogliamo una singolare coincidenza dal momento che I piedi del mondo si conclude citando l’ottusa polemica della quale fu fatto oggetto tempo fa un articolo dello scrittore Alain Elkann, accusato di classismo laddove in treno stava giustamente cogliendo un preciso mutamento antropologico in un gruppo di ragazzotti. Si tratta di una rivoluzione, secondo ciò che è evocato dal sottotitolo del libro di Tommaso Ariemma, in atto da tempo, dal famigerato edonismo reaganiano degli anni Ottanta per proseguire con l’affermarsi sempre più radicale della digitalizzazione, dal VHS ormai diventato obsoleto al DVD che neppure gode ottima salute, al personal computer, allo smart, al tablet e quant’altro. Ma il nostro giudizio sulla rete è infine positivo, essa fornisce risorse e possibilità un tempo impensabili, sempre però attuandone un corretto utilizzo: troppe incongruenze nella comunicazione e troppi narcisismi autoreferenziali imperversano. Le Nike (ma perché no, per estensione, le Gems o le Reebock?) assurgono così a simbologia alternativa di un movimento pur sempre dentro il mondo.
Sandro De
Fazi
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