domenica 17 aprile 2016

Assemblare materiali eterogenei a Baden-Baden

1. Le Memorie letterarie e di vita di Ivan S. Turgènev (o “Turghenief”, secondo altra trascrizione; per Whitman era “Turghienef”) sono un resoconto asistematico e parziale dei rapporti con gli intellettuali che lo scrittore conobbe nella sua vita a titolo variamente amichevole: in un caso molto inimichevole (Dostoevskij: una vera inimicizia), che infatti non è presente nel testo. Che è centralmente tutto uno sdilinquirsi per Bělinskij, il critico più autorevole dell’epoca (1843) in cui recensì favorevolmente la sua opera prima, il poemetto Paraša: in questo dimostra riconoscenza, diversamente da quanto ha fatto Arbasino con Pasolini in Ritratti italiani.  Il libro è interessante, in primo luogo, perché intanto tutto quello che esce dalla penna di Turgènev diventa opera d’arte letteraria, qui (il volume edito in Italia da Baldini&Castoldi nel 2000) in maniera mirabile e un po’ antiquata tradotta da Enrico Damiani. In secondo luogo, questa specie di zibaldone autobiografico si lascia leggere con piacere e curiosità sia per le omissioni (ancora una volta Dostoevskij, che fece di lui una brutta caricatura nel personaggio di Karmazìnov ne I demoni, uno scrittorello; Tolstoj e Gončarov) sia per la confusione tra letteratura e vita.

Molti elementi delle memorie di vita andrebbero nelle memorie letterarie, e viceversa. Non parla nemmeno di Flaubert che pure fu suo amico ma essendo francese, è escluso dalle memorie. Eppure Turgenev era occidentalista, al contrario di Dostoevskij, che era slavofilo.

Dei poeti e scrittori presi in esame nelle memorie letterarie si dà una testimonianza a prima vista tristissima nei loro angosciosi particolari biografici, ma un pregio della prosa di Turgènev è saper restituire bellezza e fiducia nella volubil-vile-torbida natura umana, a dispetto di tutta quella desolazione.

2. Il titolo è dunque, in parte, fuorviante, le memorie di vita riguardano a loro volta nemmeno la letteratura ma la politica del suo tempo. Nella seconda parte, troviamo interventi di Turgènev su questioni di attualità, come lettere a giornali o storie parigine sottoforma di testo narrativo.

In particolare, L’esecuzione capitale di Troppmann è una cronaca giornalistica scritta a Weimar nel 1870 e inclusa nelle memorie di vita.

Queste proseguono con altri racconti indipendenti l’uno dall’altro e si concludono addirittura con un Frammento d’un romanzo inedito, che ci si aspetterebbe di vedere collocato nella prima parte, dove non aveva ugualmente senso Una gita in Albano e a Frascati, più attinente alle memorie di vita. Insomma le memorie di Turgènev non sono scritte al modo delle Confessioni di Rousseau, secondo una classica sequenza lineare-progressiva delle vicende rievocate.

Tutta questa eterogeneità di materiali, assemblati a Baden-Baden tra il 1863 e il 1869, tra la redazione di altre opere del periodo, se da una parte lascia sconcertati per la mancanza di un evidente criterio logico e cronologico, dall’altra affascina per l’audacia della sperimentazione e per il significato della polemica indiretta che essa implica.

Da più di un secolo le narrazioni storico-cronologiche non sono più necessarie nel canone occidentale, né lo erano nel romanzo antico. Si consideri che nessuno scrittore russo dell’ottocento è stato più controverso e contestato di Turgènev, ritenuto da “sinistra” reazionario e da “destra” indulgente verso il nuovo, e con la pubblicazione di Padri e figli si era inimicato tanto la vecchia quanto la nuova generazione.






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