ARGOMENTO DI UN’ELEGIA
Io giuro al cielo. ec. O donna ec. nè tu
per questo. ec. io m’immagino quel momento ec. Non ho mai provato che soffra
chi comparisce innanzi ec. essendo ec. ἐρῴμενος. ec. giacchè io sinché la vidi non λ’amai. io gelo e tremo solo in pensarvi or che sarà ec. Che posso io
fare περ τε? che soffrire che τι sia utile. Benché
io già ἠρῴμην σου (che così si è detto nella prima Elegia) non era ben deciso nè conosceva l’αμωρε
quand’io τυ compariva innanzi.
(GIACOMO LEOPARDI)
- ἐράω col gen. naturalmente, qualcosa di più forte di ti
amo, amo te ma come “amo di te”, non “sono innamorato di te” ma con un senso di
attinenza più forte. Interessante poi che prima Leop. abbia traslitterato “i” con
iota (τι sia utile) e dopo con üpsilon (quand’io τυ), percependo simultaneamente
uguali nello schizzo ai fini dell’italiano ι e υ, nonché allungato la seconda sillaba di αμωρε.
E meno male che dal 1968
in Grecia hanno abolito gli spiriti e gran parte degli accenti, circonflesso
incluso, perché digitare anche con Tahoma o usando la tastiera greca era malagevole
anche per loro! sdf
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