giovedì 29 dicembre 2011

E poi, cos’è questo culto per l’arte espressa nelle cosiddette “opere”?



Passabilmente, io su Facebook ho a che fare con una decina di persone, una quindicina - io penso che sia anche normale questo – anche se risulterebbe che ho circa mille amici, proprio io che sono stato da sempre così elitario, così rompiscatole, probabilmente, secondo qualcuno che non mi conosce bene oppure mi conosce molto bene e che, in ogni caso, non mi ha intuito per niente, non ha mai letto una riga di mio. E soltanto un paio di queste persone risiedono anagraficamente, come me (che non sono di nascita meridionale) a Caserta, quindi non mi curo, di fatto, di intrattenere rapporti virtuali basandomi sulle residenze anagrafiche proprio perché anche sul piano reale io nella vita privata ho frequentazioni anche molto amichevoli, anche risalenti a date antiche, con un numero di persone che si possono contare sulle dita di una mano o tutt’al più di due (dipende dai periodi): e alcune di queste o non sono su Facebook oppure lo rifiutano.
Mi sono anche iscritto a Twitter. Di Twitter non vedo l’utilità, se non andare a vedere che cosa ha scritto Brett Easton Ellis (non seguo neppure Roberto Cotroneo) laddove invece da Facebook traggo notizie molto più che dalla televisione o dai giornali. E, devo ammetterlo, mi ha fatto conoscere belle persone, che probabilmente avrei comunque incontrato prima o poi ma di sicuro il network ha accelerato il percorso.
È, in altri termini, una mia modalità relazionale rifuggire da frequentazioni sociali di superficie. È una scelta. Ma che funziona in quanto pure dall’altra parte non vi sarebbe – non c’è mai stata, non c’è, non può esserci ed è giusto che non ci sia – corrispondenza. Allora, escludendo questi quindici, mettiamo venti, venticinque, tutte le altre decine e centinaia di “amici” farebbero da cornice, da riempitivo, da spettatori probabilmente, non si sa quanto attenti e va bene così, lasciamoli pure tranquilli. Non li forziamo. Però ce ne sono altri coi quali prima – o sul piano reale, o su quello virtuale – c’erano state comunicazioni che successivamente sono cessate. Come è fatale che avvenga. La stessa cosa si vede nella vita. Non si sa perché – e magari c’è di tanto in tanto una ragione specifica, dipende dai casi particolari – ma è facile che ci si perda, nella vita e dunque nel network. Costruire relazioni con gli altri – parlo di relazioni autentiche, fermo restando l’interrogativo perenne sull’autenticità, come è ovvio - implica una fatica, un impegno, un lavoro vero e proprio che non trova, o non sempre, in nessuno di noi, il tempo o la voglia necessaria per realizzarsi.
Perciò: ci si perde. Questo è un dato di fatto imprescindibile. Evidentemente ci si affida all’inconscio, che lo si sappia oppure no. Di fatto è possibile anche che dopo mesi, perfino dopo anni, si ricucino le frequentazioni interrotte.  In definitiva, eliminare da Facebook connessioni con reti verso le quali non c’è più da tempo un minimo di comunicazione (magari non c’è mai stata neppure prima, adesso io non sono in grado di ricordarmi come sono nati, in passato, questi incroci) che cosa significa? Significa che, se non c’è più contatto, io li elimino. Non c’è niente di offensivo in questo. Niente di bellicoso.
(“Ma allora, chiederete voi, che criterio adottare per poterci esprimere in modo più consono alla nostra realtà e quindi più autentico? Signori, inutile sperare di trasformarvi in Maestri dall’oggi al domani: sarebbe troppo chiedere. Però potreste almeno recuperare un po’ di dignità lasciando perdere l’Arte che vi affibbia un deretano così ingombrante. Tanto per cominciare, dimenticate per sempre due parole che avete continuamente in bocca: l’arte e l’artista. Smettetela di sguazzarci dentro dalla mattina alla sera. Non siamo forse tutti un po’ artisti? Non è forse vero che l’umanità non crea arte solo sulla carta o sulla tela, ma in ogni momento della vita quotidiana? Ogni volta che una fanciulla si appunta un fiore tra i capelli, quando conversando piazzate una battuta spiritosa, quando ci dissolviamo nel chiaroscuro del crepuscolo, che altro è questo, se non arte? A che pro dunque questa strana e assurda divisione tra ‘artisti’ e resto del mondo? Non sarebbe meglio se, invece di definirvi orgogliosamente artisti, diceste semplicemente: ‘Io, forse, mi occupo d’arte un po’ più degli altri’? E poi, cos’è questo culto per l’arte espressa nelle cosiddette ‘opere’? Ma chi ve l’ha detto, quando mai, che l’uomo va pazzo per le opere d’arte e si strugge di piacere nell’ascoltare le fughe di Bach?” Witold Gombrovicz, Ferdydurke)

4 commenti:

Fabio Viola ha detto...

Credo che l'"amicizia" su Facebook vada intesa come categoria nuova, non come surrogato di altre forme di contatto tra umani. Ha un aspetto diverso, e pertanto va percepita diversamente.
Qualche mese fa ho ridotto i miei contatti su Facebook perché non volevo che dei totali estranei vedessero ad esempio le mie foto. Poi, col tempo, ho ripreso ad accettare richieste d'amicizia a casaccio perché ho smesso di considerarle, a dispetto della terminologia da social network, "amicizie".
E' un po' come per i fenomeni di Youtube (i vari Matteo Montesi, Gemma del Sud, ecc.): non posso rientrare in categorie già note, sono un'altra cosa. Ci si interessa e se ne parla per dinamiche che esulano da quelle dell'interesse televisivo, per esempio, ma anche da tutte le altre logiche di entertainment, direi addirittura cognitive in generale. Non li si può interpretare usando categorie di altri campi.
E così per Facebook: temo che eliminare contatti sia un gesto che, laddove non esista una reciproca antipatia con un utente in particolare, non siamo ancora in grado di decodificare, o di capirne la (pur minima) portata.
Detto questo, capisco il fastidio e lo condivido. E' per questo che dedico gran parte dei miei interventi su Facebook al cazzeggio. E credimi, con gli estranei si cazzeggia benissimo.

p.s. Gombrowicz mi ha insegnato a vivere.

Sandro De Fazi ha detto...

Categoria nuova che non deve essere tuttavia necessariamente un mondo parallelo.
P.S. Immenso Gombrowicz!

Ippolita Litweb ha detto...

Ed infatti sono d'accordo

Sandro De Fazi ha detto...

OK