I cinquant’anni sono un’età problematica, apprendiamo scorrendo le prime pagine di 1975 di Franz Krauspenhaar. La generazione che aveva quindici anni quando morì Pasolini è approdata a una sorta di interregno nella quale per un verso alcune cose sembrerebbero possibili con più fatica, per un altro dispera di ottenerne delle altre, come per esempio entrare nel mercato dei grandi trust dell’editoria o delle sue immediate adiacenze analogamente a quanto accade nel mondo del lavoro, dove a cinquant’anni o si è dentro o si è fuori e si è costretti a inseguire sperimentali saggezze, vivendo moralmente alla giornata. Protagonista è un ragazzo milanese di estrema destra che va liberandosi di alcuni pregiudizi della cultura di allora e del resto le certezze e la consonanza tra strazio dell’anima e le realtà cittadine estranee alle borgate romane affabulate da Pasolini ci sono diventate insufficienti non certo da oggi e nemmeno dagli anni Settanta. Davvero non si riesce a comprendere come sia possibile rimpiangere quegli anni di piombo, se non per il versante dell’adolescenza inquieta e dei suoi abbacinanti primi amori, consegnati all’inutilità suprema del passato e alla memoria ironica della letteratura; il cinquantenne di oggi infatti afferma: «Vivevamo un periodo di merda e lo sapevamo. Almeno, io questa consapevolezza l’avevo. Per il resto, non ero sicuro di niente, se non che la vita era maledettamente noiosa.» Gran parte di questo ritratto dell’artista da giovanissimo è attraversato da storie di quotidianità liceale e relativi luoghi inevitabilmente comuni, raccontati su un registro colloquiale scoppientante di combinazioni gergali e coinvolgenti neologismi del narratore, che è spettatore esterno e personaggio lui stesso. Ma presto intuiamo che il Nonostante Pasolini, e purché Buzzanca non lo sappia, al liceale piacciono le donne del provocatorio sottotitolo è fuorviante, in quanto esisteva una destra che non attaccava Pasolini per la sua omosessualità. La famosa poesia Il Pci ai giovani!! gli aveva procurato critiche feroci tanto dalla destra quanto da Botteghe Oscure (intanto, i capelloni non erano né di destra né di sinistra). Così tutto 1975 ci trascina verso la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 - notte di tragedia somma e vero trauma della cultura internazionale, - quando il regista i cui film erano sistematicamente contestati, con aggressioni verbali e fisiche, dai neofascisti (a loro volta grandemente emarginati dalla cultura e dalla stampa di quegli anni, e il Msi di Almirante rivendicava puntualmente le azioni punitive) fu barbaramente assassinato in circostanze che tuttora sono meno chiare che mai. Il libro, insieme all’omaggio a Lando Buzzanca, riporta l’incipit dell’articolo che Rossana Rossanda scrisse su il manifesto del 4 novembre di quell’anno fondamentale: «Con commossa unanimità di accenti, da destra e da sinistra, la stampa italiana piange Pier Paolo Pasolini, l’intellettuale più scomodo che abbiamo avuto in questi anni. Diventato, anzi, scomodissimo. Non piaceva a nessuno, quel che negli ultimi tempi andava scrivendo.»
Sandrino df
Pubblicato in Poesia italiana 21/4/11
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