lunedì 12 luglio 2010

ROMEO (trascrizione di un incubo)

Sto per andare in scena. Mancano pochi minuti. Mancano più secondi che minuti. Ormai, quel che è fatto è fatto: la parte non la so. O, meglio, non mi ricordo le mie battute. E questo è semplicemente drammatico. Ho conosciuto molti scrittori nella mia vita. Soprattutto erano, però, attori, o pittori con una forte vocazione al teatro. Viviamo un’epoca strana, e a me accade ogni giorno di sentir pronunciare parole giuste dalla bocca di chi mai me le sarei aspettate, e viceversa. Da questi personaggi credo di aver imparato qualcosa che, com’è naturale, non può essere a sua volta trasmesso ad altri, a cominciare dai veri e propri attori che in una misura inferiore sono stati presenti nella mia esperienza, ed erano a loro volta scrittori. La vera esperienza non si comunica, del resto, mentre continua a esser vero che la conoscenza non è un dato solitario.
Sarò Romeo in Romeo e Giulietta di Shakespeare, questo lo so per certo ma dovrò invece interpretare il padre nei Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello con la consapevolezza angosciosa, tuttavia, che si tratterà di Questa sera si recita a soggetto. In un primo momento avevo deciso di non accettare questa proposta, e soltanto da pochi giorni sono tornato indietro sulla mia decisione ma non ho avuto il tempo di studiare la parte. Dovrò improvvisare. Saprei improvvisare una conferenza sull’opera che sta per andare in scena, o una lezione, anzi in fondo lo faccio tutti i giorni, utilizzando il repertorio di anni e anni ma sono un autore e non un attore e così ho la certezza profonda di ignorare le battute. Ma le ignoro non perché non sono un attore di professione bensì in quanto non ho memorizzato il testo che sto per andare a interpretare. E dopo aver raccolto velocemente queste idee concludo che sarò Romeo in Questa sera si recita a soggetto, e ciò mi terrorizza.
Mi hanno accompagnato i miei amici, confido loro di essere nel pallone, mi lamento ma, abituati alle mie intemperanze, non mi credono. Comunque, non mi sono di aiuto: dovrò cavarmela da me.
Allora vado alla disperata ricerca del testo di Questa sera si recita a soggetto, domandandomi come farò a farvi rientrare il personaggio di Romeo.
In qualche modo farò.
Ci ha pensato l’autore, chi ha adattato l’opera, mi dico. E tant’è: se ho il copione almeno qualcosa dirò, non sarà la completa scena muta.
Ma, daccapo, mi danno e mi dico: “Cazzo! Non potevo imparare qualcosa? Come ho potuto essere così presuntuoso, così folle?”…
Chi è con me mi esorta a non preoccuparmi, perché gli altri attori “mi porteranno”: ci penseranno loro. Ma dove, replico, dove, dove? Dove mi porteranno, e come, se io non so come iniziare? A una mia qualsivoglia battuta sapranno che cosa dire, mi suggerisce qualcuno, anche se non si sa che testo verrà fuori proprio perché io improvviserò. E insieme deploriamo che non esistono più i suggeritori di una volta. Perfetto!
Andrò a braccio.
Ne sono più che convinto.
Per forza di cose.
Su questo non c’è dubbio.
Vado su e giù per il teatro e cerco il testo. Ovunque. Lo chiedo a chiunque incontro. Alla fine lo trovo: nascosto su un tavolinetto del foyer e allora mi reputo anche fortunato: è un mini-copione, più piccolo di un blocchetto degli assegni, si può tenerlo tra le mani nascosto, non sarà impossibile barare.
Sarò un Romeo con gli occhi bassi, umile, un Romeo riflessivo che parla con estrema lentezza. Vedo con sollievo che Romeo ha pochissime battute. L’autore, il rifacitore ha fatto un buon lavoro.
Bisogna ora decidere soltanto come giustificare la presenza del copione di Questa sera si recita a soggetto nelle mani di Romeo, nelle mie mani, quando andrò in scena. Romeo oggi sarebbe uno qualsiasi, dalla galleria. Ma occorre un espediente scenico per giustificare il seguente dato di fatto che sarà incontrovertibile: appunto, ogni tanto dovrò sbirciare il copione, se non leggerlo addirittura. Ma non c’è tempo nemmeno di risolvere quest’ultimo problema: tutt’a un tratto mi stanno chiamando, tocca a me! Ha appena parlato il Dottor Hinkfuss, alcuni nella sala hanno già urlato: “Il nome! Il nome!”, è proprio Questa sera si recita a soggetto, è il mio turno adesso…
Entro.
Il pubblico mi saluta con un applauso che, a differenza delle altre volte, tutto preso dalle mie ansie non mi aspettavo, non ci pensavo più ma è sempre il solito momento magico impagabile anche se adesso mi fa sentire in colpa. Però, allo stesso tempo, lo confesso, l’applauso che scroscia mi dà coraggio e ormai non posso più farli aspettare, accenno con la mano a un ringraziamento che ha l’effetto di provocare il silenzio e con gli occhi bassi leggo la prima battuta di Romeo dal blocchetto degli assegni, poi alzo gli occhi superbo verso il pubblico, verso il vuoto, verso il silenzio che attende soltanto questo che dice Romeo all’inizio della quarta scena del primo atto, e dico:
“Dunque, si fa questo discorsetto o si entra senza scusarci?”



Sandro De Fazi
Luglio 2010

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2 commenti:

vlaraie81 ha detto...

E' impressionante quanto alcune parti di quanto hai scritto rispecchino ciò che sto vivendo in questo periodo. Sono sempre sconcertata dalle coincidenze perchè non ci credo.

Sandro De Fazi ha detto...

@vlaraie81: Mi fa piacere quel che dici. Il teatro mi ha sempre intrigato come autore, qua e là credo di averne dato prova. Dario Bellezza mi esortava a scrivere per il teatro, a suo giudizio andavo molto bene nei dialoghi