mercoledì 4 dicembre 2013

Il filosofo cambia pensiero come si cambia di camicia



Che poi Schelling si era dissociato da Fichte, di cui era stato assistente – grazie a Goethe – perché Fichte, in seguito all’accusa di ateismo, aveva dovuto lasciare la cattedra.

E così, dopo aver esordito brillantissimo e precoce con L’Io come principio della filosofia (1795), commento a Fichte che era tanto piaciuto al maestro, ecco che Schelling si inventa le Idee sulla filosofia della natura (1797). Ma la nemesi fichtiana è in agguato e Hegel lo attacca nella prefazione a La Fenomenologia dello spirito (1807).

Schelling ripudierà il Sistema dell’idealismo trascendentale (1800). A un filosofo è più facile rinnegare la propria opera in quanto si sente sempre e comunque superiore ad essa, a differenza del poeta e dello scrittore che è tutto nella propria opera.

L’essere del filosofo è superiore al suo atto, inteso non solo come pensiero e opera (probabilmente qui agisce ancora il rifiuto socratico di mettere per iscritto il pensiero) ma anche come azione. E cambia filosofia come si cambia di camicia (i famosi tre – o anche quattro – “periodi” di Schelling). Rousseau è superiore al Rousseau che abbandona i figli all’orfanotrofio, Althusser è superiore all’Althusser che strangola la moglie (anche se era ovviamente subentrato un problema di psicopatologia).

Sartre disse, forse per vezzo, a Jeannette Colombel: “L’ontologia di L’essere e il nulla non vale niente, la manderò all’aria”.

Quindi Schelling rompe i rapporti con Hegel.

Da quel momento resta il grande silenziato, attaccato da tutte le parti, già i suoi contemporanei lo soprannominano “Cagliostro” per l’apertura al Divino e alla mistica nella parte finale del suo pensiero (ma Hegel riporterà il pensiero tedesco alle fonti mistiche molto più di Fichte e di Schelling) e gli attribuiscono la “sindrome di Spinoza”. Ma nel frattempo è anche diventato il filosofo del Romanticismo.

Nessun commento: