Che poi Schelling si era dissociato da Fichte, di cui era
stato assistente – grazie a Goethe – perché Fichte, in seguito all’accusa di
ateismo, aveva dovuto lasciare la cattedra.
E così, dopo aver esordito brillantissimo e precoce con L’Io come principio della filosofia
(1795), commento a Fichte che era tanto piaciuto al maestro, ecco che Schelling
si inventa le Idee sulla filosofia della
natura (1797). Ma la nemesi fichtiana è in agguato e Hegel lo attacca nella
prefazione a La Fenomenologia dello
spirito (1807).
Schelling ripudierà il Sistema
dell’idealismo trascendentale (1800). A un filosofo è più facile rinnegare
la propria opera in quanto si sente sempre e comunque superiore ad essa, a
differenza del poeta e dello scrittore che è tutto nella propria opera.
L’essere del filosofo è superiore al suo atto, inteso non
solo come pensiero e opera (probabilmente qui agisce ancora il rifiuto
socratico di mettere per iscritto il pensiero) ma anche come azione. E cambia
filosofia come si cambia di camicia (i famosi tre – o anche quattro – “periodi”
di Schelling). Rousseau è superiore al Rousseau che abbandona i figli
all’orfanotrofio, Althusser è superiore all’Althusser che strangola la moglie
(anche se era ovviamente subentrato un problema di psicopatologia).
Sartre disse, forse per vezzo, a Jeannette Colombel:
“L’ontologia di L’essere e il nulla
non vale niente, la manderò all’aria”.
Quindi Schelling rompe i rapporti con Hegel.
Da quel momento resta il grande silenziato, attaccato da
tutte le parti, già i suoi contemporanei lo soprannominano “Cagliostro” per
l’apertura al Divino e alla mistica nella parte finale del suo pensiero (ma
Hegel riporterà il pensiero tedesco alle fonti mistiche molto più di Fichte e
di Schelling) e gli attribuiscono la “sindrome di Spinoza”. Ma nel frattempo è
anche diventato il filosofo del Romanticismo.
Nessun commento:
Posta un commento